Sono nato nel 1967 a Venezia, città in cui tuttora vivo e lavoro.
Mi sono laureato in medicina e chirurgia a Padova, dove ho successivamente conseguito il titolo di psicoterapeuta cognitivo-comportamentale presso la Scuola ITCC: ho scelto l’indirizzo cognitivo-comportamentale perché risulta a tutt’oggi quello più supportato scientificamente e in grado di fornire i migliori risultati.
Svolgo la mia attività professionale presso l’Ospedale di Neuroriabilitazione San Camillo del Lido di Venezia e presso gli studi privati di Venezia e Mestre.
Collaboro da anni col FeDerSerD nell’ambito dei servizi territoriali che si occupano di Dipendenze, in particolare quella legata al gioco d’azzardo (www.giocaresponsabile.it)
In Evidenza

Ivan Konstantinovic Ajvazovskij, “Nave nel mare in tempesta” 1858
In questi ultimi anni, la modalità con cui i pazienti cercano aiuto dallo psicoterapeuta è cambiata: non più molte sedute a cadenza settimanale ma una, due, tre sedute al massimo, cercando di prendere il più possibile e poi basta. Farne tesoro e cercare di autocorreggersi. Poi magari si fanno risentire telefonicamente per qualche breve consiglio oppure rispuntano dopo mesi per un nuovo, unico appuntamento.
Questo probabilmente è dovuto a due motivi: il primo e principale è la crisi economica che fa avere meno soldi in tasca alla gente; il secondo, è la tendenza al fai da te delle persone, alimentata da quell’immenso serbatoio di informazioni che è internet. Quindi leggono molto sul web riguardo al proprio problema e arrivano da noi psicoterapeuti già abbastanza preparati, tanto da poter trarre il massimo dalla seduta.
Io credevo che questa modalità di gestire una psicoterapia non fosse efficace, non fosse cioè possibile inquadrare, capire e aiutare una persona vedendola solo due-tre volte; e invece mi rendo conto che lo è. Probabilmente per due motivi:
a) L’impressione iniziale raramente viene smentita nelle sedute successive;
b) E’ nelle prime due-tre sedute che, da entrambe le parti, si libera il massimo dell’energia: la curiosità, per entrambi, di avere di fronte una persona nuova, rende il rapporto estremamente proficuo e vivo.
Insomma, la mia impressione è che il cambiamento, se deve avvenire, avviene nelle primissime sedute o mai più.
Tuttavia, la mole di informazioni e consigli che posso dare al paziente è ovviamente limitata se viene una sola volta (cosa che capita regolarmente quando il paziente viene da lontano); per questo, proprio per adeguarmi a tale nuova realtà, ho scritto le due dispense sottostanti: “Quarant’anni di riflessioni”, impalcatura concettuale della mia psicoterapia, in cui espongo le più comuni cause e rimedi per l’infelicità odierna e “Tranquillanti, come liberarsene” che è rivolto alle moltissime persone che ingenuamente sono cadute nella trappola delle Benzodiazepine, e che assai spesso mi chiedono aiuto.
Un caro saluto,
A. Mercuri
Ai lettori del sito

“Ballo a Le Moulin de la Galette”, Pierre-Auguste Renoir, 1876
Probabilmente qualcuno di voi si domanderà cosa posso fare io di concreto per i miei lettori, al di là degli articoli che pubblico.
Sono medico psicoterapeuta, di formazione cognitivo comportamentale ma cerco di trarre il meglio da ogni tipo di psicoterapia; studio la psicofarmacologia per poter utilizzare gli psicofarmaci in modo razionale e scientifico, non secondo la moda del momento o secondo i consigli dei rappresentanti delle case produttrici, che ovviamente sono pilotati e distorti. Cerco di insegnare a chi mi segue, che gli psicofarmaci devono essere considerati come l’ultima spiaggia, dopo che tutti gli altri tentativi sono falliti e spesso aiuto le persone a sospenderli, cosa difficile che va fatta in modo ordinato e scientifico, conoscendo modalità e tempi per sospenderli. Talvolta, quando lo ritengo l’unica opzione possibile, io stesso prescrivo psicofarmaci e questo avviene quando il paziente è ormai troppo acuto per giovarsi delle parole oppure in astinenza per precedenti cure psicofarmacologiche sospese in modo errato: in ogni caso comunque, la terapia psicofarmacologica deve essere assunta per il più breve tempo possibile, cercando di tenerne bassi i dosaggi. Ritengo che la vera terapia del disagio psichico sia la psicoterapia, una psicoterapia che insegni al paziente a capirsi e conoscersi, trovando un equilibrio che gli consenta di vivere bene secondo le proprie caratteristiche psicologiche e inclinazioni di carattere: ogni essere umano infatti possiede delle abilità straordinarie in qualcosa e i fallimenti spesso son dovuti al tentativo di fare cose per le quali non si è portati. Ritengo pertanto che gli psicofarmaci, pur indispensabili in certi casi, devano servire solo come aiuto temporaneo per smussare i momenti di acuzie del disagio psichico: mai come terapia unica e cronica bensì come salvataggio temporaneo in attesa che la psicoterapia faccia effetto.
A. Mercuri
LIBRI E DISPENSE
Ho scritto questo breve manuale, dopo aver constatato che i comuni tranquillanti, noti come Benzodiazepine e utilizzati in tutto il mondo per facilitare il sonno o stemperare l’ansia, stanno rovinando la vita di milioni di persone che hanno cominciato ad assumerli con la convinzione di migliorare la propria vita senza conseguenze ma ne sono diventati dipendenti. Anche l’uso sporadico comunque altera il comportamento e comporta un calo delle prestazioni cognitive e dell’umore.
Liberatevi dai tranquillanti!
(e ricominciate a vivere)
La maggior parte dell’infelicità d’oggi non è il risultato d’una malattia dell’individuo ma conseguenza d’uno stile di vita malato che progressivamente, dalla Rivoluzione Industriale ad oggi, si è discostato troppo e troppo velocemente da quello fisiologico che abbiamo condotto per centinaia di millenni.
Questo piccolo manuale è un invito a riflettere sulle insidie della vita moderna che minacciano la nostra salute mentale