Lavoro fisico e lavoro mentale

Oggi una gran parte di noi lavora seduto usando solo il cervello magari per otto o più ore al giorno.

Se guardiamo indietro però, i nostri antenati anche prossimi (nonni) lavoravano coi muscoli, utilizzando il cervello al servizio del movimento e non in modo autonomo come noi.

Dai primordi della storia umana fino a pochi decenni fa ci siamo quasi   tutti dedicati a lavori manuali: eravamo contadini, allevatori, soldati, artigiani, boscaioli, pescatori, donne di casa, levatrici, addette ai telai  e la maggior parte del nostro tempo la trascorrevamo lavorando fisicamente e lasciando la mente a riposo. Ora le cose si sono invertite: cervello al lavoro e corpo a riposo. Ma con quali conseguenze? L’essere umano si è sviluppato sotto la pressione  evolutiva della fatica fisica ma alla cronica fatica nervosa non è certo abituato. Cosa dire del rapporto tra lavoro manuale e salute mentale? Se uno passa otto ore al giorno in ufficio con il neon acceso e un computer davanti e si sente ansioso e depresso cosa devo pensare di lui? Che è un malato da curare? No, penso che sia malato  il suo lavoro.

Per chi ha tendenza alla depressione, all’ ansia, alle ossessioni o peggio ancora alle psicosi e alle tossicodipendenze; oppure più semplicemente per le persone molto sensibili alla disarmonia di uno stile di vita artificiale, che ne provano  rifiuto e quindi difficilmente adattabili,  il lavoro fisico è un vero toccasana. Più un uomo è sensibile e quindi fragile più è importante che conduca uno stile di vita sano. Il lavoro manuale creativo fa sicuramente parte di uno stile di vita sano e ha un ineguagliabile potere ansiolitico e antidepressivo: ti consente, anzi ti obbliga ad un’attenzione esterna distogliendola da te stesso, dal tuo corpo e dalla tua mente.

Il lavoro fisico ha un vero e proprio potere curativo sui disturbi mentali perché con la sua concretezza richiama alla realtà.

A. Mercuri