Mirtazapina: è veramente un antidepressivo?

E’ emerso recentemente, dalle ricerche di psicofarmacologi obiettivi perchè indipendenti, che il potere antidepressivo della Mirtazapina sia da mettere fortemente in dubbio e questo è confermato dalla mia esperienza e  dalle opinioni dei pazienti, i quali sono tutti concordi nel dire che essa migliora solo il sonno e l’appetito (ma per un periodo tra l’altro limitato).

Ecco l’articolo di un famoso e onesto psicofarmacologo: https://psychotropical.com/mirtazapine-a-paradigm-of-mediocre-science/

Ecco le opinioni dei pazienti:

https://www.qsalute.it/remeron/

https://www.meamedica.it/depressione-antidepressivi-altro/mirtazapina

La Mirtazapina si comporterebbe in realtà solo da potente antiistaminico comportando un forte aumento di appetito, peso e sonno. Il miglioramento dell’umore sarebbe solo una temporanea conseguenza del miglioramento del sonno e della conseguente brusca caduta dei livelli di cortisolo (ormone dello stress); però, l’effetto antiistaminico, responsabile di miglioramento rapido di sonno e appetito, va via via affievolendosi e altri effetti non compaiono. Si potrebbe quindi concludere che la Mirtazapina è utile nell’immediato per migliorare sonno e appetito del depresso, ma va associata ad altri psicofarmaci che siano veramente antidepressivi anche nel lungo periodo.

Vi rimando comunque al mio articolo precedente del 20 maggio 2018 (clicca QUI) dove trovate la farmacologia ufficiale della Mirtazapina, ciòè il suo meccanismo d’azione e i suoi effetti secondo la Casa produttrice e secondo gli organi governativi di  controllo (FDA in America, AIFA in Italia).

A. Mercuri

Anafranil: Il migliore antidepressivo

(Aggiornato al 2 gennaio 2023)

Sempre più mi convinco, dalla mia pratica clinica e da ciò che via via vado leggendo nella letteratura scientifica, che il vecchio antidepressivo Clomipramina, (vedi mio articolo precedente) sintetizzato all’inizio degli anni 60 del novecento, sia rimasto il migliore in commercio.
Appartiene alla categoria degli antidepressivi triciclici, insieme ai noti Amitriptilina (Laroxil) e Nortriptilina (Noritren), entrambi molto efficaci ma con proprietà un po’ diverse. Dagli anni sessanta ad ora, sono state sintetizzate molte altre molecole antidepressive, ben note a tutti: fluoxetina, sertralina, mirtazapina, paroxetina, venlafaxina, ecc. Continua a leggere

Psicoterapia cognitivo-comportamentale della depressione

La psicoterapia cognitivo-comportamentale a differenza di quella psicoanalitica non è nota a tutti perchè è più recente e molto tecnica; personalmente ho deciso di adottare prevalentemente questo indirizzo psicoterapico perchè ha solide basi scientifiche, è di breve durata e la sua efficacia è provata e documentata. Oggi vorrei focalizzare l’attenzione sulle principali tecniche utilizzate nella depressione; ci tengo a precisare che ciò che segue è solo un breve riassunto che schematizza e standardizza il percorso terapeutico che deve però essere poi modificato e adattato caso per caso.

La psicoterapia cognitivo comportamentale della depressione si basa sostanzialmente sull’uso combinato di tecniche comportamentali prima e cognitive poi.

Tecniche comportamentali

1) Organizzazione e strutturazione del tempo libero

Il paziente depresso tende a trascorrere il proprio tempo libero nell’ozio e nel rimuginio sterile dei soliti problemi senza cercare soluzioni valide per risolverli; ciò evidentemente aggrava lo stato depressivo. Il terapeuta pertanto concorda insieme al paziente uno schema di attività da svolgere durante la settimana cominciando da quelle che il paziente considera più gratificanti.

2) Far riaprire il paziente ai rapporti sociali

Una delle caratteristiche peculiari della depressione è la chiusura in se stesssi. Il paziente depresso infatti non provando più piacere nelle relazioni sociali tende ad evitarle. Il terapeuta pertanto aiuta il paziente a riavvicinarsi gradualmente agli altri nonostante nei primi tempi non provi soddisfazione ed interesse nel far ciò.

3) Allenare all’assertività

L’assertività è una qualità positiva che si esprime nei rapporti sociali e si basa sul contemporaneo rispetto di se stessi e degli altri; la persona assertiva cioè ha una buona dose di autostima ma è aperta, altruista, rispettosa e tollerante nei confronti degli altri. Continua a leggere

Libro: “L’uomo che amava solo i numeri”

Paul Erdòs è stato un famoso matematico ungherese del 1900 che ha contribuito a sviluppare la teoria dei grafi, da cui poi è sorta la teoria delle reti. Era un uomo strano, un genio folle, per il suo stravagante stile di vita. Non amava le donne ma solo sua madre, era tossicodipendente da caffeina e poi da amfetamine, odiava gli alcolici, era vagabondo nel vero senso perchè aveva rifiutato una cattedra di insegnamento fissa e una casa. Girava il mondo con due valige sempre in cerca di amici matematici che lo ospitassero e coi quali fare nuove scoperte. Continua a leggere

Libro: Link, la scienza delle reti

Bellissimo libro del fisico teorico ungherese Albert-Làszlò Barabàsi, molto originale per il tema trattato e per la disinvoltura e semplicità con cui discorre di una materia così complessa; parla delle reti cioè di quelle entità fisico-matematiche costituite da migliaia di elementi che interagiscono tra loro in modo dinamico facendo emergere un utile risultato unitario: le famose sinfonie classiche di Bach, Mozart, Beethoven, sono il risultato dell’interazione in rete dei suoni dei singoli strumenti musicali; la vita, è il risultato dell’interazione reciproca di miliardi di cellule; la produzione di una proteina, è il risultato del funzionamento sinergico di migliaia di geni; un pensiero è il risultato dell’attività elettrica ordinata di milioni di neuroni; e, naturalmente, Internet è il risultato dell’interazione di miliardi di utenti. Ecco, la scienza delle reti, studia le leggi fisico-matematiche che governano tali interazioni: la cosa affascinante è che tutte le reti complesse, qualsiasi sia la loro composizione, funzionano nello stesso modo.

Tempo addietro, vi consigliavo il libro di Gerd Gigerenzer “Le decisioni intuitive” che tratta di quelle decisioni che prendiamo senza pensarci su tanto, che sgorgano spontanee ascoltando l’intuito, cioè “il cuore” (oppure “la pancia”, come alcuni dicono); è quella che si chiama “intelligenza intuitiva”, all’opposto dell’intelligenza razionale delle faticose decisioni calcolate (e spesso sbagliate).

Ecco, l’intelligenza emotiva o intuitiva, è il risultato di una segreta interazione in rete tra milioni di neuroni del nostro cervello, i quali funzionano seguendo le leggi su esposte per le reti complesse e lo fanno in parallelo e ad un livello sottostante la nostra coscienza; tant’è vero che quella rete funziona meglio quando noi pensiamo o facciamo altro e la lasciamo lavorare in pace: infatti le migliori decisioni intuitive sgorgano limpide e improvvise la mattina poco dopo il risveglio.

Un’ultima cosa: uno dei geni matematici del 1900 che ha posto le basi della scienza delle reti è Paul Erdòs, anch’egli ungherese, e la cui presenza aleggia dall’inizio alla fine del libro di Barabasi, devoto e affascinato ammiratore di tale grande maestro. C’è un bellissimo libro sulla vita e l’opera di Paul Erdòs, scritto dal famoso divulgatore scientifico statunitense Paul Hoffman che si intitola “L’uomo che amava solo i numeri” ; ve lo consiglio!

Angelo Mercuri

L’irriducibile determinazione dell’anoressica

Riflettendo sull’irriducibile determinazione delle ragazze anoressiche, il cui obiettivo è inattaccabile sia dalle parole che dagli psicofarmaci – più grave del delirio dei folli pur non essendo esse folli- mi sono chiesto a quale dimensione psicopatologica possiamo associare tale ferreo convincimento. La risposta che mi sono dato è stata: alla dimensione dell’idealismo fanatico.
Esiste infatti in tutti gli esseri umani ed è particolarmente sviluppata nei cosiddetti “idealisti”, la propensione a crearsi obiettivi per il futuro che giustifichino e rendano lecita la propria esistenza; l’idealismo sano, è una dimensione cognitiva, un meccanismo mentale tipicamente umano che probabilmente si è selezionato nel corso dell’evoluzione biologica per aver dato un grosso vantaggio riproduttivo in chi lo possedeva. Nessuno di noi infatti (e questo è un concetto da tenere sempre a mente) ha, per legge di natura, il diritto di vivere solo perché è nato; il diritto di vivere lo si conquista col valore, con un valore che sia riconosciuto dalla natura e dagli altri e questo valore spesso ce lo si costruisce perseguendo un ideale: un valore di attrattiva sessuale, soprattutto, quando si è giovani, che poi sfoci nell’utilità biologica della procreazione; e un valore di utilità sociale quando si è più adulti. La natura non dà pace a chi non s’adopera per il bene comune, che sia di tipo biologico (altruismo biologico cioè fare figli) o che sia di tipo sociale (contribuire alla gioia o al successo degli altri).
In alcune persone predisposte tuttavia, capita che l’atteggiamento idealistico si esasperi diventando fanatismo, cioè ossessività intorno al tema del proprio ideale, perfezionismo nel voler raggiungere i sommi risultati, sensazione che vi sia una profonda verità nella propria idea, rifiuto di ciò che contrasta o rallenta il raggiungimento dell’obiettivo: tutto ciò col rischio di perdere il senso delle proporzioni tra la propria idea e la realtà. In tali casi e con il concorso di elementi caratteriali, il senso della missione può diventare talmente forte da superare l’istinto di conservazione o il rispetto della vita altrui: Continua a leggere

Cosa spinge alcune adolescenti a morire di fame?

La ragazza adolescente che si cimenta in una dieta dimagrante è molto comune oggi, ma solo poche, appena una su duecento, diviene anoressica. Nella progressione da dieta per desiderio di magrezza a delirio pericoloso per la vita, giocano una serie di sfortunate coincidenze fatte di personalità, educazione, modello culturale, ma vi è anche una componente fisica innescata dal prolungato digiuno: la fame e la conseguente malnutrizione, innescano in chiunque, anche nelle persone non predisposte all’anoressia nervosa, meccanismi fisiologici primordiali tesi alla sopravvivenza che, se mantenuti attivi troppo tempo per l’assurda determinazione a dimagrire, finiscono per facilitare la progressione della malattia.
Perché il digiuno prolungato favorisce la progressione dell’anoressia?
La fame, essendo una condizione potenzialmente mortale per l’individuo, innesca atavici e potenti meccanismi psicofisici di sopravvivenza finalizzati alla ricerca del cibo: aumento dell’ansia, della vigilanza, delle prestazioni psicofisiche, diminuzione del sonno, focalizzazione ideo-affettiva ossessiva sul cibo, disinteresse per tutto ciò che può essere svolto dopo, quando rientrerà l’emergenza: amore, sesso, amici, piani per il futuro; tutto questo può aspettare. Infatti, associata alla fame e alla magrezza, vi è la potente attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che inizia con la secrezione ipotalamica di CRF (fattore stimolante l’ipofisi), passa attraverso la secrezione di ACTH ed endorfine dall’ipofisi e termina con la secrezione di cortisolo e catecolammine (adrenalina, noradrenalina) dalle ghiandole surrenaliche.
Inizialmente, l’attivazione di questa condizione di emergenza, rende la persona affamata euforica, iperattiva, super sveglia, svelta e scattante e questo benessere iniziale, rinforza nell’adolescente digiunatrice il convincimento che dimagrendo si sta meglio. A lungo andare però, tale condizione di iperattività non placata dall’introduzione di cibo finisce per esaurire esitando in depressione ansiosa, comportamento ossessivo e sindrome delirante. Alti livelli cronici di CRH, catecolammine e cortisolo (ormone dello stress), oltre a distruggere il fisico per consunzione, danneggiano il tessuto cerebrale soprattutto in alcune zone (ippocampo e corteccia prefrontale mediale) tant’è che, nel complesso, è ben visibile un rimpicciolimento del cervello. Ancora, il prolungato digiuno, fa diminuire l’efficacia degli ormoni tiroidei e dell’ormone della crescita, favorendo depressione e ritiro sociale, anche questi fattori di rischio per la progressione della malattia. Inoltre, col prosciugamento del tessuto adiposo, dalle cui cellule viene prodotta, cala anche la quantità di Leptina circolante, un ormone in grado di stimolare l’appetito e di smorzare il circuito dello stress su menzionato. Continua a leggere

Anoressia Nervosa

E’ una malattia psichiatrica che colpisce prevalentemente le ragazze adolescenti tra i 15 e i 19 anni. Si stima che in Italia ne siano affette circa 300.000 donne, 1 ogni 200, con 9000 nuovi casi ogni anno. E’ molto più diffusa nei Paesi Industrializzati e presso alcune categorie di ragazze come le danzatrici, le atlete e le studentesse universitarie. E’ una malattia che spesso tende a cronicizzarsi, con remissioni e riaccensioni, frequentemente associata ad altre patologie psichiatriche (fobie, ossessioni, depressione) ed a disturbi di personalità. Continua a leggere

Decisioni intuitive: le migliori, per noi

Cari lettori, vi consiglio un libro interessante, che tratta un argomento originale: “Decisioni intuitive: quando si sceglie senza pensarci troppo” dello scienziato cognitivo Gerd Gigerenzer. L’autore, spiega come il nostro cervello e il nostro corpo, siano in grado di risolvere problemi complessi nel modo per noi più conveniente, attraverso un inconscio processo di sommatoria d’un numero enorme di pro e contro e, soprattutto ( e questa è la cosa più sorprendente), dando un peso preciso e differente ai singoli vantaggi e svantaggi: una cosa che mai, coscientemente e razionalmente saremmo in grado di fare.
Fondamentali, sono anche i segnali del corpo che hanno a che fare con la dimensione emotiva: tante volte infatti, dopo aver preso una decisione ragionata, sentiamo che tuttavia, non è quella giusta per noi, e questo lo sentiamo col corpo, tant’è che spesso diciamo: si, sarebbe giusto fare così, ma “io non me la sento”.
Tale capacità e necessità di decidere intuitivamente, è emersa nel corso dell’evoluzione, come adattamento ad un mondo complesso, nel quale giocano un numero enorme di variabili; interessante è notare come sia facile consigliar egli altri, mentre è difficile prendere decisioni riguardanti noi stessi, dove ecco che l’intuito gioca un ruolo fondamentale: da qui il detto “chiedi consiglio a cento ma poi fai di testa tua”.

Ancora, si usa dire, “nel dubbio, astienti” e questo esprime una cosa fondamentale: le decisioni giuste per noi, hanno bisogno del loro tempo per essere prese, tempo in cui è più utile dedicarsi ad altre cose oppure dormire; mentre facciamo altro infatti, oppure dormiamo, il nostro cervello fa i suoi calcoli segreti senza essere disturbato dal ragionamento o dalla stanchezza; e spesso capita che sia proprio al mattino, a mente fresca, che ci ritroviamo la soluzione in mano.
A. Mercuri

Sul fare Sport

ENRICO ARCELLI

Un consiglio che do sempre ai miei pazienti è quello di fare sport regolarmente almeno due-tre volte la settimana, possibilmente un’attività aerobica all’aria aperta, come ad esempio la semplice corsa lenta. L’effetto benefico su tutto l’organismo è cosa risaputa e intuitivamente comprensibile; a livello cerebrale poi vi sono delle modificazioni biochimiche che si traducono in un effetto euforizzante paragonabile a quello dei farmaci antidepressivi ma con ovvie differenze in favore dello sport.
Un bel libro sulla corsa lenta, scritto da un simpatico medico, Enrico Arcelli,    si intitola “Correre è bello”: troverete qui ogni sorta di consigli intelligenti dati da un aristocratico, appassionato, famoso medico dello sport e corridore.