Fluvoxamina è un antidepressivo fortemente selettivo per la ricaptazione della serotonina; aumenta cioè in modo potente il livello di tale neurotrasmettitore nello spazio sinaptico attivando quindi i circuiti serotoninergici del cervello e producendo dopo 2-3 settimane il noto effetto antidepressivo, antiossessivo e ansiolitico.
Tuttavia fluvoxamina ha una caratteristica pressochè unica tra gli antidepressivi: stimola fortemente il recettore Sigma 1 del cervello. (altri antidepressivi che lo stimolano sono, in ordine decrescente sertralina > fluoxetine > citalopram >paroxetina che lo fanno comunque in modo molto debole rispetto a Fluvoxamina). Tale recettore è attualmente molto studiato perché la sua stimolazione sembra esitare in una serie di funzioni positive:
Azione neuro-protettiva contro la demenza
Azione antidepressiva e ansiolitica
Azione antipsicotica
Protezione da forme gravi di Covid
L’effetto (pressochè immediato) della stimolazione del recettore Sigma 1 è eccitatorio e per alcune persone risulta subito gradevolmente euforizzante mentre ad altre dà uno sgradevole senso di agitazione. E’ lo stesso effetto di cui parlavo a proposito di Lamotrigina, unico tra gli antiepilettici stabilizzanti dell’umore ad avere effetto stimolante probabilmente proprio per la sua caretteristica di eccitare il recettore Sigma.
Rispetto agli altri antidepressivi fortemente selettivi per la serotonina come Citalopram ed escitalopram ad esempio, Fluvoxamina ha dunque una marcia in più.
Gli effetti collaterali sono circa i soliti degli SSRI con la differenza che Fluvoxamina causa meno disfunzione sessuale ma provoca più spesso nausea nei primi giorni di somministrazione. Ancora, Fluvoxamina impegna molto gli enzimi epatici nel suo metabolismo pertanto va posta una certa attenzione alla co-somministrazione dei farmaci metabolizzati dagli stessi enzimi i livelli dei quali potrebbero risultare aumentati (ad esempio Mirtazapina e Lamotrigina).
Reboxetina (nomi commerciali Edronax, Davedax) è una molecola antidepressiva poco usata nonostante sia sul mercato in Italia da circa 25 anni, probabilmente perché l’indicazione ufficiale (depressione maggiore) non è appropriata. Infatti Reboxetina non è un potente antidepressivo (ce ne sono di più efficaci) ma funziona assai bene per altre condizioni e patologie non ufficialmente incluse nelle indicazioni e cioè:
Potenziamento della terapia antidepressiva serotoninergica
Disfunzioni sessuali causate da antidepressivi serotoninergici
Sindromi dolorose croniche
Narcolessia (crisi incontrollabili di sonno durante il giorno con anomalie delle sue fasi)
Sindrome da deficit d’attenzione con o senza iperattività (ADHD; ADD)
Disturbo di panico
Trattamento della depressione nei pazienti con Parkinson
Trattamento della dipendenza da cocaina e amfetamine
Trattamento di bulimia e obesità
Trattamento dell’obesità e riduzione dei disturbi neurologici extrapiramidali provocati da Olanzapina
Potenziamento dell’effetto antipsicotico di Olanzapina (cosa che consente di tenerne più basso il dosaggio)
Ma come può Reboxetina correggere patologie e disturbi tanto diversi tra loro? Qual’è cioè il denominatore comune che lega i suddetti disturbi e come può Reboxetina agire positivamente su di essi?
Il filo conduttore delle suddette condizioni è un calo di tono noradrenergico in alcuni circuiti cerebrali, circuiti che Reboxetinaè in grado di riattivare poiché innalza il livello sinaptico proprio della noradrenalina, sostanza con azione assai simile all’adrenalina.
Reboxetinaagirà pertanto positivamente sullanarcolessia, potenzierà la capacità di concentrarsi neideficit d’attenzione, rinforzerà l’azione antidepressiva della serotonina col suo effetto tonificante, compenserà gli effetti inibitori che la serotonina in eccesso ha sulla sessualità durante le terapie antidepressive, attiverà alcuni recettori adrenergici in grado di alleviare il dolore, allevierà l’astinenza da amfetamine e cocaina mimandone in parte gli effetti eccitatori, mitigherà indirettamente gli attacchi di panico migliorando l’umore e riducendo la paura e l’ansia associate a eventi e situazioni della vita quotidiana, farà dimagrire riducendo l’appetito e trasformando i grassi in energia, agirà positivamente sui deficit cognitivi che accompagnano e alimentano le psicosi.
Reboxetina e’ forse l’unica molecola in grado di innalzare selettivamente la concentrazione sinaptica della sola noradrenalina senza toccare direttamente altri neurotrasmettitori o recettori. Tale selettività oltre a minimizzare gli effetti collaterali le consente di agire in modo più pulito e prevedibile. Il suo effetto potrebbe essere paragonato a quello di bupropione (che è comunque un noradrenergico in media 500 volte più debole) oppure a quello di Nortriptilina (che invece è una decina di volte più potente) ma il paragone non è appropriato perché questi agiscono in modo non selettivo sulla noradrenalina rendendo insensato il confronto.
A. Mercuri
https://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2022/09/uomo-muscoloso-.webp550550Angelo Mercurihttps://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2018/02/logo-angelomercuri-300x78.pngAngelo Mercuri2022-09-23 09:04:532022-11-01 08:17:53Reboxetina, una antidepressivo stimolante
Olanzapina, come descritto nel mio articolo Olanzapia (Zyprexa) è oggi ampiamente utilizzata non solo nelle gravi patologie psichiatriche ma anche, a basso dosaggio, per disturbi psico-emotivi minori, quali possono essere la depressione ansiosa, l’insonnia, le ossessioni, l’ansia. Come riporto nel suddetto articolo, non tutti i pazienti ne traggono giovamento anzi, il più delle volte l’uso di tale antipsicotico atipico risulta sgradevole nei disturbi psichiatrici non gravi poichè tende ad abbassare l’umore nonché a dare una fastidiosa sonnolenza (le persone con patologie psichiatriche minori conducono una vita normale quindi la stanchezza e la sonnolenza sono assai sgradite). Un altro non minore effetto collaterale che spesso fa sospendere il trattamento nelle patologie minori, è il forte aumento di peso: Olanzapina infatti è uno degli psicofarmaci che provoca maggior aumento di peso anche a basso dosaggio e questo avviene perché:
Fa aumentare l’appetito (soprattutto di carboidrati) e diminuire il senso di sazietà;
E’ fortemente sedativa quindi fa diminuire la voglia di muoversi e conseguentemente il dispendio energetico;
Provoca iperglicemia, ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia agendo direttamente sul metabolismo
In media e a seconda del dosaggio e delle caratteristiche individuali o di stile di vita, Olanzapina provoca un aumento rapido del peso nei primi mesi di trattamento, aumento che poi decresce e dopo circa 6 mesi si attesta a 10 kg l’anno circa. Cosa fare dunque se si sta assumendo Olanzapina con beneficio ma non si accetta l’aumento di peso?
Ovviamente la più ovvia delle cose è sospenderlo ma, come si sa, i disagi psico-emotivi forti fanno tanto soffrire e qualora si trovi un equilibrio psicofarmacologico accettabile, è da valutare attentamente se togliere dalla squadra degli psicofarmaci un giocatore vincente. Le alternative sono:
Sostituirlo con un farmaco con caratteristiche simili ma che fa meno ingrassare come ad esempio Amisulpiride o Aripiprazolo, tenendo conto però che con questi due farmaci l’effetto sedativo è assai blando o nullo almeno a basso dosaggio. Questo può essere un bene se si utilizzava Olanzapina per un forte stato ansioso-depressivo ma non se lo si utilizzava per dormire meglio
Tenerlo a basso dosaggio e affiancare Aripiprazolo oppure un antidepressivo noradrenergico puro come Reboxetina o Bupropione. Questo si può fare tenendo conto però che soprattutto i due menzionati noradrenergici puri, fanno aumentare l’ansia e non favoriscono certo il sonno.
Aggiunta dell’antiepilettico Topiramato; questo lo riserverei ai casi più gravi poiché Topiramato stesso può generare effetti collaterali non trascurabili
Nei casi piu gravi, in cui l’effetto sedativo sia assolutamente fondamentale, si può correggere in parte l’eccessivo aumento di peso e le anomalie metaboliche aggiungendo alla terapia con Olanzapina la Metformina, un farmaco antidiabetico. Questa operazione la riserverei ai casi di obesità più gravi e qualora la patologia psichiatrica sottostante fosse molto seria (schizofrenia o mania), per le quali è prioritario non rischiare il ritorno della psicosi con modifiche dello schema psicofarmacologico.
Associare Amantadina che essendo un dopaminergico aiuta sicuramente a dimagrire e migliora anche lo stato depressivo senza tuttavia esacerbare la psicosi. E’ un’opzione percorribile ma da valutare attentamente poiché Amantadina può dare forte dipendenza
Associare Famotidina (parente stretta della più nota Ranitidina, purtroppo ritirata dal commercio), ben nota come antiacido in grado di bloccare i recettori per l’istamina di tipo H2 dello stomaco. Essa, come effetto collaterale in questo caso gradito, fa calare l’appetito dando un certo possibile vantaggio nel sovrappeso da Olanzapina
Aggiunta di Betaistina (Vertiserc), molecola nota per il trattamento delle vertigini su base vascolare, è un analogo dell’istamina in grado di attivare alcuni recettori cerebrali (H1) dell’istamina (il cui blocco da parte di Olanzapina è in gran parte responsabile dell’aumento di appetito). Agisce anche come antagonista nella stessa regione cerebrale dei recettori H3 dell’istamina, effetto questo che si va a sommare al precedente inibendo ulteriormente il desiderio di cibo. Vi è una sinergia di effetto sul peso qualora associata alla Reboxetina.
Utilizzato completamente al difuori delle sue ufficiali indicazioni anche lo stimolante adrenergico Modafinil è in grado di rallentare la crescita di peso negli assuntori di Olanzapina.
Un caro saluto ai miei lettori,
A. Mercuri
https://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2022/09/Persone-grasse.jpg205246Angelo Mercurihttps://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2018/02/logo-angelomercuri-300x78.pngAngelo Mercuri2022-09-19 12:44:032022-09-23 09:16:36Olanzapina: attenti al peso!
Aggiornato il 21 gennaio 2025) Olanzapina è un potente tranquillante che, a dosaggio alto (20-30 mg), è in grado di placare i principali sintomi della follia (psicosi) che sono allucinazioni, deliri, discorsi inconcludenti, agitazione e aggressività; per questo, è classificata tra gli antipsicotici. Viene utilizzata anche nella follia ciclica degli stati di esaltazione maniacale ed è un ottimo stabilizzatore dell’umore per la profilassi delle forme bipolari. Seppur non esplicitamente approvata per altri scopi, Olanzapina viene utilizzata a basso dosaggio (2,5-5 mg) per tutte le forme di disagio psico-emotivo: ansia generalizzata, attacchi di panico, depressione, insonnia, anoressia nervosa, ossessività. Può ancora essere utile nel dolore cronico grave (cancro) e nella nausea e vomito associati alla chemioterapia.
Il suo effetto in una persona giovane e senza gravi disturbi psichici può essere tuttavia sgradevole anche a dosaggio basso (tipo 2,5 mg) se il farmaco viene assunto durante il giorno perché provoca, soprattutto nei primi giorni di trattamento, sonnolenza, stanchezza, calo di motivazione, di interesse, di entusiasmo; se assunto invece la sera prima di dormire, in alcuni soggetti anche non psicotici, può dare una sensazione di piacevole relax e solitamente è assai efficace sull’insonnia; tuttavia non va dimenticata la sua appartenenza alla categoria degli antipsicotici (detti anche “tranquillanti maggiori”) i quali, se assunti in modo continuativo, calmano sicuramente chiunque ma hanno anche un effetto “frenante” sull’energia psicofisica e sull’umore, cosa non gradevole in chi non sia psicotico o spiacevolmente ipereccitato. L’effetto sul sonno, molto utile in chi ha una grave insonnia resistente ai trattamenti più comuni, è dovuto ad una sommazione di effetti: antistaminico, anticolinergico, antidopaminergico e antiadrenergico.
Olanzapina, più in dettaglio, viene classificata, insieme a Clozapina, Risperidone, Quetiapina e altri, tra gli antipsicotici “atipici” perché fa parte di quel gruppo di antipsicotici più recenti (rispetto ai “tradizionali” Aloperidolo, Cloropromazina, Promazina, Prometazina, Perfenazina ecc.) che non spengono la dimensione cognitiva e l’umore del paziente e danno meno effetti collaterali neurologici (parkinsonismo, acatisia, rigidità, tremore); tali vantaggi sono dovuti alla loro azione antidopaminergica più blanda a livello prefrontale (cognizione e umore) e a livello dei nuclei della base (disturbi neurologici extrapiramidali). Molto utile per mitigare i disturbi neurologici è anche la potente azione antimuscarinica degli Atipici e in particolare di Olanzapina.
(Sull’argomento antipsicotici di nuova generazione leggi il mio articolo “Schizofrenia o Depressione?” in cui spiego il meccanismo d’azione dei nuovi antipsicotici (clozapina, olanzapina, risperidone, quetiapina) e il perchè. a basso dosaggio, possono avere un effetto antidepressivo)
Per contro gli Atipici (e in primis Olanzapina e Clozapina) hanno la grave pecca di far ingrassare molto (si intenda, in proporzione alla dose, al metabolismo individuale e al livello di attivitò fisica) potendo provocare alla lunga diabete, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. L’aumento di peso, di gliecemia, di trigliceridi e colesterolo, sono conseguenza del potente effetto di antagonismo che Olanzapina esercita sui recettori H1 dell’istamina, sui recettori 5-HT2C della serotonina, sui recettori D2 della dopamina e alla sua azione diretta su stomaco, pancreas e tessuto adiposo, dal quale liberano sostanze come Leptina e Grelina che vanno ad agire direttamente sul metabolismo, rallentandolo; dell’iperglicemia è poi responsabile anche il potente effetto di antagonismo che Olanzapina esercita sui recettori M3 dell’acetilcolina, recettori presenti sia nel cervello che nel pancreas e il cui blocco inibisce la secrezione di insulina contribuendo all’iperglicemia. (Su questo argomento e sui rimedi per il sovrappeso da Olanzapina si veda il mio articolo Olanzapina: attenti al peso!)
Cari lettori,
tempo fa ho pubblicato un articolo riguardante l’antidepressivo Vortioxetina (Brintellix in Italia) nel quale riassumevo ciò che la casa produttrice spiega riguardo al meccanismo d’azione del proprio farmaco, cose che trovate scritte anche nella scheda tecnica AIFA (agenzia italiana del farmaco) o, in generale, in qualsiasi sito che ne parli.
Riassumendo, Vortioxetina (Brintellix) secondo le note ufficiali, dovrebbe essere un antidepressivo innovativo (definito”multimodale”) perché non solo eleva i livelli di serotonina come quasi tutti gli altri antidepressivi (attraverso l’inibizione della ricaptazione di tale neurotrasmettitore) ma è in grado anche di modulare (cioè inibire e/o eccitare) alcuni recettori per la serotonina (tra cui principalmente i 5HT1A, 5HT1B, 5HT3 e 5HT7) il che andrebbe a contribuire alla sua potenza antidepressiva. Aifa, così si esprime nella scheda ufficiale di descrizione del prodotto:
”Si ritiene che il meccanismo d’azione di vortioxetina correli con la sua attività diretta di modulazione dei recettori serotoninergici e inibizione del trasportatore della serotonina (5-HT). Dati preclinici indicano che vortioxetina è un antagonista dei recettori 5-HT3, 5-HT7 e 5-HT1D, un agonista parziale dei recettori 5-HT1B, un agonista dei recettori 5-HT1A e un inibitore del trasportatore della serotonina, portando ad una modulazione della neurotrasmissione in diversi sistemi, incluso principalmente quello della serotonina ma probabilmente anche quelli della noradrenalina, dopamina, istamina, acetilcolina, acido γ-amminobutirrico (GABA) e glutammato. Questa attività multimodale è considerata responsabile degli effetti antidepressivo ed ansiolitico-simile e del miglioramento della funzione cognitiva, di apprendimento e della memoria asservati con vortioxetina negli studi su animali”.
Per fortuna, almeno aggiunge questa nota: Continua a leggere
https://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2021/11/Mani-nei-capelli.jpg281179Angelo Mercurihttps://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2018/02/logo-angelomercuri-300x78.pngAngelo Mercuri2021-11-25 15:52:172024-08-17 09:27:12Brintellix, un famoso antidepressivo inutile?
Maprotilina (Ludiomil) è un farmaco antidepressivo con una molecola e un profilo farmacologico simile a quello dei triciclici (Amitriptilina, Clomipramina, Nortriptilina e Trimipramina) anche se chimicamente è un tetraciclico, come la moderna mirtazapina; in vendita dal lontano 1974, è tuttora in uso per a sua provata efficacia.
Le sue peculiarità, sono (vedi Tabella fondo pagina):
Potente effetto noradrenergico, aumenta cioè fortemente la concentrazione sinaptica di noradrenalina quindi è un antidepressivo stimolante adatto alle depressioni apatiche con sonnolenza e astenia;
Scarsissima azione serotoninergica il che forse toglie qualcosa all’azione antidepressiva ma per contro: a) dà pochi disturbi sessuali; b) non altera l’aggregazione piastrinica e quindi non vi è rischio aumentato di sanguinamento c) non dà apatia, al contrario è stimolante di iniziativa e motivazione.
Ha scarso effetto sulla prolattina
Ha una potente azione antistaminica anti-H1 che dura tuttavia solo 2-3 settimane, poi degrada per lasciare il posto ad un’azione stimolante. Soprattutto nei primi 15-20 giorni quindi, dà sonnolenza se assunto di giorno mentre migliora sonno, ansia ed irrequietezza se assunto la sera.
Ha azione anticolinergica anti-muscarinica assai debole quindi non dà fastidiosi sintomi di bocca secca, tachicardia e stitichezza; ancora, incide meno sul flusso urinario, sulla pressione oculare e sulle prestazioni cognitive.
Ha un effetto anti-adrenergico anti-alfa 1 molto blando quindi non provoca congestione nasale, ipotensione ortostatica e sedazione.
Ha un’emivita lunghissima, 51 ore, pertanto i livelli plasmatici rimangono pressochè costanti tra una dose e l’altra.
Modafinil e’ venduto in Italia col nome commerciale di Provigil e indicazione ufficiale limitata alla narcolessia, una condizione che provoca eccessiva sonnolenza diurna con colpi di sonno improvvisi.
Accanto alle indicazioni ufficiali vi è però un utilizzo diffuso anche per tutte quelle condizioni in cui sia necessario stare forzatamente svegli (turnisti, militari, chirurghi, camionisti, piloti d’aereo) e di aumentare la vigilanza e l’attenzione [deficit d’attenzione del bambino e dell’adulto (ADHD)]; oppure nelle depressioni in cui sia presente stanchezza e sonnolenza. Ancora, Modafinil può aiutare a superare l’astinenza da cocaina o agire come antiepilettico.
Nonostante non vi sia ancora piena chiarezza sul suo meccanismo d’azione, sembra che Modafinil agisca come debole dopaminergico puro prevalentemente a livello ipotalamico producendo quindi un aumento di vigilanza, attenzione, concentrazione e capacitò di apprendimento, un pò come il caffè; come questo poi, agisce sia pur debolmente, anche sul centro del piacere del cervello, il Nucleus Accumbens, quindi un certo benessere psichico sicuramente lo dà, tant’è che in Russia, ad esempio, è stato incluso (certamente esagerando) tra gli stupefacenti accanto a morfina e cocaina.
Modanafil è una molecola creata dai francesi negli anni ‘70 per contrastare la narcolessia ma è stata messa in vendita molto tempo dopo, nel ’94; da allora, la sua vendita in tutto il mondo è cresciuta in modo esponenziale perché essa ha le proprietà stimolanti delle amfetamine ma non i loro pericolosi effetti collaterali di dipendenza e astinenza. Modanafil infatti può essere sospeso anche bruscamente senza avere fenomeni di astinenza o rimbalzo del sonno; ancora, sembra non dare tolleranza tant’è che in uno studio è risultata efficace allo stesso dosaggio per 3 anni consecutivi negli adulti e per 10 nei bambini-adolescenti. Continua a leggere
https://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2021/11/Provigil-foto.png349166Angelo Mercurihttps://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2018/02/logo-angelomercuri-300x78.pngAngelo Mercuri2021-11-07 17:43:572022-03-17 19:56:05Modafinil (Provigil): un aiuto nelle depressioni apatiche
Gentili utenti, pubblico qui la traduzione dall’inglese dei paragrafi più interessanti del fondamentale articolo sull’uso razionale degli antidepressivi scritto dallo psichiatra-psicoterapeuta italiano ma di fama mondiale, Giovanni Fava. Se potete, leggete direttamente l’articolo originale in inglese ( PDF dell’articolo originale); se no, leggetene la traduzione che, data l’importanza dell’argomento, ho fatto per facilitarvene la lettura. In marroncino e tra parentesi ci sono miei commenti e chiarimenti.
Rational Use of Antidepressant Drugs
Giovanni A. Fava(Affective Disorders Program, Department of Psychology, University of Bologna, Department of Psychiatry, State University of New York at Buffalo N.Y. , USA). Psychother. Psychosom. (2014)
1) Tolleranza e sue differenti espressioni
Molti fenomeni clinici son stati documentati durante il trattamento con antidepressivi a) perdita di efficacia antidepressiva, b)tachifilassi, c) resistenza, d) effetti paradossi, e) passaggio verso una forma bipolare e f) reazioni da sospensione.
a) Perdita di efficacia
La prevalenza (percentuale) di un ritorno di sintomi depressivi durante il trattamento con farmaci antidepressivi era del 9-57% nelle ricerche pubblicate indicando l’esistenza di fenomeni di tolleranza durante il trattamento (la tolleranza ad una data sostanza è una sorta di abitudine che porta alla perdita di efficacia del trattamento pur rimanendo le dosi di farmaco invariate; la percentuale varia dal 9 al 57% e questo disorienta ma il motivo è che più aumenta il tempo di osservazione, più alta diventa la percentuale di pazienti che ricadono. Se si guarda cioè quanti ricadono nella depressione dopo solo 6 mesi di trattamento, forse si trova un 5% ma se ci fossero studi – non ci sono perchè non conviene farli – che guardassero quanti ricadono dopo 5 anni, probabilmente si troverebbe una percentuale del 95%). Questa (la percentuale di ricadute) aumenta con la durata del trattamento; in una meta-analisi riguardante studi di mantenimento, questo rischio di ricaduta progressivamente aumentava dal 23% entro 1 anno, al 34% entro 2 anni fino al 45% entro 3 anni. (pensate dunque che già dopo 3 anni un antidepressivo non funziona più nella metà dei casi!). Il termine “tachifilassi” (la progressiva decrescita nella risposta ad una data dose dopo la ripetuta somministrazione di una sostanza fisiologicamente o farmacologicamente attiva) è stato anche usato per designare la ricaduta durante il trattamento di mantenimento o il deterioramento clinico caratterizzato da sintomi come apatia e astenia. (in ambito divulgativo, si può assumere che tachifilassi e tolleranza siano sinonimi). Continua a leggere
https://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2020/07/IMG-20200725-WA0008-rotated.jpeg1600900Angelo Mercurihttps://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2018/02/logo-angelomercuri-300x78.pngAngelo Mercuri2021-09-01 12:18:152022-03-17 19:59:32Antidepressivi: Quando e Come usarli
Quando si comincia una terapia con antidepressivi, non solo l’effetto positivo sull’ansia e sull’umore comincia in ritardo, dopo 15-30 giorni, ma addirittura per i primi 7-15 si può stare un po’ peggio e questo ovviamente è un problema per il paziente e per il medico. Non è infatti molto rassicurante che un paziente già con l’acqua alla gola peggiori ancora, fosse anche solo per pochi giorni. Ma stare peggio cosa significa?
Significa che la persona che comincia l’assunzione di un antidepressivo generalmente può avvertire un peggioramento dell’umore e un aumento dell’ ansia, dell’irrequietezza e dell’insonnia.
All’aspetto emotivo, si aggiunge spesso (molto meno comune coi vecchi triciclici) un certo disagio gastrointestinale sotto forma di nausea e/o diarrea, inappetenza. Ma perché avviene tutto questo?
Con certezza ancora non si sa, ma sembra che il motivo sia legato in parte al brusco aumento di serotonina nell’organismo che va a stimolare sgradevolmente sia l’apparato digerente (e in particolare i suoi recettori per la serotonina denominati 5HT-3) che il cervello e di questo in particolare i recettori della serotonina denominati 5HT-2C la cui stimolazione provoca anche sperimentalmente, ansia. Continua a leggere
https://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2021/08/tristezza.jpg19401454Angelo Mercurihttps://www.angelomercuri.it/wp-content/uploads/2018/02/logo-angelomercuri-300x78.pngAngelo Mercuri2021-08-09 20:40:432022-03-17 20:00:15Antidepressivi, i primi difficili giorni
E’ un farmaco prevalentemente utilizzato nelle psicosi cioè in quelle gravi malattie mentali caratterizzate da una interpretazione anomala della realtà circostante e/o delle intenzioni ed emozioni altrui. La psicosi si manifesta dunque con delirio, allucinazioni, pensiero complicato o eccessivamente rigoroso e con conseguenti bizzarrie comportamentali.
Tra le psicosi, la forma più grave è quella schizofrenica in cui vi è la compresenza di una sintomatologia cosiddetta “negativa” (caratterizzata da astenia, abulia, anedonia, apatia, eloquio povero) e di una sintomatologia positiva (caratterizzata da delirio, allucinazioni, eloquio incoerente e inconcludente). I sintomi negativi sono espressione di una ipofunzione dopaminergica della corteccia prefrontale mentre quelli positivi sembrano essere conseguenza di una iperfunzione dopaminergica del sistema limbico, una parte del cervello importante per la dimensione emotiva. (vedi anche: Aripiprazolo, un farmaco efficace e multiuso)
I comuni farmaci antipsicotici, soprattutto quelli tradizionali come aloperidolo, perfenazina, clorpromazina, promazina, clopentixolo, ecc., rallentano in toto la trasmissione dopaminergica risultando molto efficaci sui sintomi positivi limbici ma aggravando quelli negativi prefrontali e spegnendo quindi si i deliri e le allucinazioni ma al prezzo di far precipitare il paziente in uno stato ancor più grave di apatia e depressione. All’opposto, se somministri un farmaco dopaminergico ad un paziente schizofrenico, lo fai uscire si dal suo torpore emotivo e affettivo ma gli provochi anche una pericolosa esacerbazione dei Continua a leggere
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