Maca (Ginseng del Perù), un afrodisiaco naturale per le donne

Quella che comunemente viene denominata Maca, è un estratto di radice della pianta Lepidum menyenii conoscouta anche col nome di ginseng del Perù; è una pianta biennale con valore medicinale e nutritivo appartenente alla famiglia delle Brassicaceae ed è nativa del sudamerica, delle alte Ande peruviane. E’ stata scoperta dagli europei nel tardo 1980 sull’Altipiano Meseta de Bombón vicino ala lago Junin anche se le popolazioni del luogo la conoscono e la usano da millenni per la sua capacità di aumentare la fertilità negli animali e negli esseri umani (uominie donne) attraverso un’aumento  del desiderio sessuale e dell’intensità dell’orgasmo. Negli uomini e negli animali maschi si è notato inoltre un aumento di numero e motilità degli spermatozioi. Tutte le suddette azioni hanno fatto ipotizzare un’azione androgenica di Maca o diretta (sostanze simili al testosterone presenti nelle pianta) oppure indiretta.

Parlando dell’azione esercitata da Maca sulla sessualità delle donne, questa è relativa soprattutto all’appetito sessuale e all’intensità dell’orgasmo, entrambe funzioni fortemente dipendenti dai livelli di testosterone sia nell’uomo che nella donna.

Maca inoltre, nelle donne appena entrate in menopausa, sembra svolgere un’azione positiva alleviando i noti disturbi legati a questa fase di passaggio. Da notare che Maca, insieme a pochi altri rimedi fitoterapici tra cui l’estratto di Zafferano e l’olio di Rosa Damascena, costituisce un buon aiuto per contrastare gli inevitabili disturbi della sessualità legati all’uso di antidepressivi serotoninergici nelle donne (per questo problema vedi: “Sessualità femminile e antidepressivi”)

A. Mercuri

Zafferano: un composto fitoterapico che migliora la sessualità

Lo Zafferano (Crocus sativus) ha mostrato di avere effetti afrodisiaci sull’uomo, sulla donna e sugli animali.

Per quanto riguarda le donne, è stato condotto nel 2013 un’importante studio arruolando un certo numero di donne che assumevano Fluoxetina ad alto dosaggio (40 mg al giorno) per depressione maggiore e che riportavano diversi disturbi sessuali a causa del farmaco.

Dopo la somministrazione di 15 mg due volte al giorno di estratto di zafferano  per 4 settimane (quantità di Crocina di 1,65-1,75 mg di per capsula), il risultato è stato molto positivo soprattutto per quanto riguarda il miglioramento dell’eccitamento, della lubrificazione e dell’eventuale dolore vaginale associato alla penetrazione (Dispareunia). Non ha invece aumentato il desiderio né la presenza o la qualità dell’orgasmo. (Per valutare gli effetti del prodotto sulla sessualità delle donne arruolate nello studio, è’ stato utilizzato il famoso questionario FSFI (Female Sexual Function Index) che consiste di 19 domande relative ai domini : desiderio, eccitamento, lubrificazione, orgasmo, soddisfazione e dolore).

I due principali principi attivi di Zafferano sono la Crucina e il Safranale, il primo dei quali sembra responsabile dei benefici sulla sessualità anche se non se ne conosce il meccanismo d’azione preciso.

Lo zafferano possiede inoltre proprietà antiinfiammatorie, antiossidanti, neuroprotettive e antiepilettiche, proprietà che nel loro insieme potrebbero contribuire all’effetto afrodisiaco. Una curiosità che toglie ulteriormente dubbi sulla possibilità di un effetto suggestione è che anche nei ratti, lo zafferano ha dimostrato di avere effetti afrodisiaci importanti. Sembra inoltre che Zafferano sia esente da effetti collaterali di rilievo se assunto alle dosi raccomandate.

Degno di nota è poi l’effetto positivo sul dolore in generale e vaginale in particolare dello zafferano, forse legato alla sua capacità di stimolare la produzione di oppioidi e neuropeptidi; la sua azione sul sistema degli oppioidi è stata dimostrata sui gatti dove l’antidoto contro gli oppiacei Naloxone è stato in grado di bloccare l’azione antidolorifica dello zafferano. Sono state anche dimostrate azioni utili di zafferano sulla dismenorrea, sulla demenza e sulla depressione.

A. Mercuri

 

Sessualità femminile e antidepressivi

Aggiornato il 12 ottobre 2022

La sessualità è una funzione umana estremamente delicata e, soprattutto nella donna, risente negativamente di un organismo che non funziona in modo ottimale: questo perché, sebbene noi umani ci dedichiamo al sesso prevalentemente per il piacere che dà, per la Natura dietro ad ogni rapporto sessuale segue potenzialmente la procreazione: è chiaro quindi che, dato il noto impegno mentale e fisico che un bambino comporta, la Natura fa si che che chi non ha sufficiente salute generale per seguire adeguatamente una futura eventuale prole, eviti momentaneamente di procreare.

Questo vale sia per l’uomo (deve provvedere al sostentamento materiale della donna e del piccolo figlio per un certo periodo) che, molto di più, per la donna (deve affrontare una lunga gravidanza e poi seguire il figlio neonato con la nota fatica che questo comporta).

Per quanto riguarda la donna, va aggiunto che: 1) il suo ruolo nella gestazione e nell’accudimento della prole è, rispetto a quello del maschio, insostituibile 2) la gravidanza di per sé impegna fortemente il fisico della donna e, soprattutto per ragioni ormonali, tende a provocare un abbassamento del tono dell’umore.
Parlando quindi di depressione in relazione alla delicatissima sessualità femminile, dobbiamo capire che, se una donna è depressa o anche semplicemente “avvilita”, il suo desiderio di sesso momentaneamente si affievolisce (fino a spegnersi nelle depressioni gravi) per le profonde ragioni prudenziali che la Natura impone.
Sappiamo poi che anche gli antidepressivi (e prevalentemente quelli serotoninergici puri) hanno un impatto negativo sulla sessualità (sia nel maschio che nella femmina), principalmente per la loro caratteristica di innalzare il livello di serotonina e di creare uno squilibrio biochimico sia a livello cerebrale (attenuazione del desiderio e scarsa soddisfazione) che a livello d’organo (inibizione dell’eccitamento e disturbi dell’orgasmo); se una donna anche non depressa quindi assume un antidepressivo, la sua sessualità ne risulta compromessa per banali ragioni di serotonina.

Vedi anche (Sessualità e antidepressivi)

Se invece l’antidepressivo lo assume con successo una donna con una vera depressione e la libido spenta, può capitare che la sua voglia di sesso riprenda quota, nonostante il farmaco di per sè, dovrebbe ulteriormente compromettere la sua sessualità; evidentemente, l’aumento di libido legata alla risalita dell’umore è tale da sopravanzare gli effetti inibitori del farmaco e il risultato netto per la suddetta donna è questo: l’antidepressivo le ha migliorato la sessualità.   

(Leggi ancheLe fantasie sessuali femminili e maschili” ,  Immaginario sessuale femminile” e Donne sopra)

Riassumendo, gli antidepressivi inibiscono la sessualita’ quando vengono assunti per depressioni lievi o medie oppure per condizioni quali ansia, insonnia, fobie, forme ossessive, disturbi di panico; tutte condizioni le suddette, che non interferiscono particolarmente con la vita sessuale: allora sì che una persona si accorge dei disturbi da eccesso di serotonina che il nuovo farmaco comporta, perché prima funzionava normalmente o quasi mentre certamente ora che assume il farmaco la sua soddisfazione sessuale cala visibilmente.

Nella depressione maggiore invece, la libido va praticamente a zero nel contesto di una generale incapacità di provare piacere ed ecco allora che, in modo apparentemente paradossale, l’antidepressivo efficace  migliora la libido.

(Vedi anche: “Orgasmo femminile, curosità storiche“)

Gli antidepressivi dovrebbero essere usati solo ed esclusivamente per le depressioni molto gravi dove allora danno solo vantaggi ma oggi purtroppo vengono il più delle volte utilizzati impropriamente anche per depressioni situazionali lievi o medie, o per le su citate condizioni quali ansia, insonnia, ossessività, fobie, condizioni nelle quali gli antidepressivi possono dare anche un sollievo iniziale, spesso seguito però da dipendenza e altri problemi aggiuntivi che prima della cura non c’erano.

Fatta questa lunga premessa, cosa può fare una donna che assume antidepressivi e nota un calo di interesse per il sesso?
In generale, le fasi della sessualità che nelle donne sono più compromesse dagli antidepressivi sono il desiderio (dimensione psichica), e l’eccitabilità (dimensione fisica), mentre l’orgasmo non ne risulta molto compromesso.

Innanzitutto, se l’antidepressivo non è molto efficace, si può provare a cambiarlo dando la preferenza alle molecole che abbiano non solo una componente serotoninergica ma anche noradrenergica (duloxetina, clomipramina, amitriptilina, nortriptilina, ecc); questo perché nella donna, desiderio ed eccitamento dipendono molto dall’attivazione noradrenergica. Anche nella scelta iniziale di una molecola antidepressiva, andrebbe tenuto presente che i serotoninergici puri tipo citalopram, escitalopram, venlafaxina  a basso dosaggio, sertralina, paroxetina oltre a dare assuefazione più rapidamente, danno maggiori problemi sessuali e di appiattimento emotivo.
Altre possibilità farmacologiche, non volendo cambiare molecola antidepressiva, è di affiancarvi Trittico a rilascio prolungato la sera, ad un dosaggio fino a circa 100 mg e non oltre (vedi: Increased libido in women receiving trazodone) oppure Aripiprazolo a dosaggio molto basso (dai 3 ai 5 mg) che avendo un buon effetto dopaminergico stimola la sessualità femminile nelle dimensioni della libido e della soddisfazione generale (vedi: Effects of Adjunctive Aripiprazole on Sexual Functioning….)

Ancora, altre strategie sono:

  • Una ginnastica impegnativa (ma non troppo) sul piano muscolare e cardiovascolare che duri almeno 30 minuti e possibilmente poco prima del rapporto: da notare che la ginnastica è un potente stimolante adrenergico naturale, proprio ciò di cui prima parlavamo: il calo di tono adrenergico è particolarmente evidente nelle depressioni apatiche o nel caso di utilizzo di serotoninergici puri e comporta, oltre che un basso tono dell’umore, anche un calo di desiderio e di eccitamento sessuali
  • Svolgere attività sessuale alla maggior distanza possibile dall’ultima somministrazione di antidepressivo (di solito è al mattino, prima di prendere il farmaco)
  • Dedicarsi all’attività sessuale almeno tre volte a settimana; si crea così un circolo virtuoso di miglioramento della soddisfazione sessuale per aumento del desiderio e della libido
  • Agopuntura da eseguire secondo protocolli convalidati per questo scopo
  • Fitoterapia:
    Zafferano (Crocus sativus), 30 mg al giorno: non è una droga ad effetto immediato ma un principio attivo           fitoterapico che richiede circa 4 settimane per agire positivamente sulla sessualità femminile
    Radice di Maca (Lepidium meyenii) 3.0 g al giorno per almeno 4 settimane.
    Olio di Rosa Damascena
  • Gli antidepressivi serotoninergici puri possono dare una diminuita sensibilità genitale che può causare ovvie conseguenze sul piano della soddisfazione sessuale femminile; in questo andrà particolarmente curata la fase preliminare alla penetrazione
  • Attenzione alla pillola anticoncezionale che potrebbe dare già di per sé calo del desiderio sessuale e ancor di più quando associata agli antidepressivi, soprattutto in alcune donne geneticamente predisposte.

Un caro saluto,

A. Mercuri

Curare la mente con le parole: un’illusione o una realtà?

Si sente sempre più spesso parlare di psicoterapia e di persone che frequentano uno psicoterapeuta per risolvere i propri problemi psicologici; ma, innanzi tutto, cosa è la psicoterapia e cosa è uno psicoterapeuta?
La psicoterapia è una scienza e un’arte che servendosi principalmente del colloquio, mira a correggere pensieri, emozioni, atteggiamenti errati e controproducenti in una persona con problemi psicologici o affettivi, motivata a chiedere aiuto e determinata a cambiare; lo strumento principale della psicoterapia è dunque la parola.
La psicoterapia mira quindi a curare il paziente attraverso mezzi esclusivamente psichici contrapponendosi alla psico-farmaco-terapia che tenta invece di migliorare il disagio psico-emotivo modificando direttamente la materia e cioè il cervello.
E lo psicoterapeuta, chi è? Oggi in Italia può fregiarsi del titolo ufficiale di psicoterapeuta lo psicologo o il medico che si sia diplomato presso una delle scuole di formazione quadriennali o quinquennali riconosciute dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR).
Ci sono due cose da dire a questo punto: la psicoterapia non è solo scienza quindi alle volte una persona intelligente, colta e carismatica può entrare maggiormente in risonanza psicoaffettiva con gli altri di un preparatissimo psicoterapeuta ufficialmente riconosciuto dal MIUR, che studia continuamente e frequenta mille corsi di formazione e di aggiornamento  Seconda cosa: il fatto stesso di poter parlare dei propri problemi con una persona disposta ad ascoltarti chiarisce le idee, mette in ordine i pensieri e aiuta a trovare nuove soluzioni, indipendentemente dalla bravura di chi hai di fronte. E qui si tocca un punto fondamentale: se lo psicoterapeuta riesce a cambiarti è perché sa incoraggiarti a fare cose che erano già latenti o in nuce tra le tue più profonde convinzioni. Perché lo psicoterapeuta non è un chirurgo che ti addormenta e ti trasforma: Continua a leggere

Attenzione agli antidepressivi: un promemoria

Gentili lettori, pubblico qui un semplice articolo scritto da me in questi giorni per un periodico della mia città: uso parole semplici perché il messaggio è rivolto ad un pubblico comune ma può servire come promemoria e riassunto per tutti voi riguardo alla cautela da usare prima di iniziare una terapia con antidepressivi.

Da due anni a questa parte, prima con la pandemia Covid e ora con la guerra in Ucraina, l’umanità sembra essere entrata in una fase nuova caratterizzata da un’atmosfera psico-emotiva cupa e da una disposizione d’animo grigia. Facile è, in tale contesto, cercare sollievo rapido nella chimica e in particolare nei farmaci antidepressivi ( Zoloft, Sereupin, Brintellix, Efexor, Cipralex, Cymbalta, sono ormai nomi familiari a tutti); tali antidepressivi, per funzionare, devono essere assunti continuativamente per circa 1 mese e la cura va poi proseguita per almeno 6 mesi.
Ma sono davvero “pillole della felicità”? La risposta ovviamente è: NO!
Gli antidepressivi sono necessari e funzionano bene solo nelle depressioni molto gravi mentre in quelle leggere o medie sono assai poco efficaci: essi non sono quindi sostanze stimolanti o euforizzanti in grado di innalzare il tono dell’umore di chiunque; il loro utilizzo inoltre, è gravato da una serie di effetti collaterali che puoi accettare se l’efficacia è notevole (come nelle gravi depressioni) ma non se l’efficacia è minima (come nelle depressioni lievi dette anche distimie).
Quello che non molti sanno poi è che l’antidepressivo non cura la depressione ma ne copre soltanto i sintomi (come la tachipirina per la febbre); come lo sospendi, tutto di solito torna come e peggio di prima. Se quindi decidi di non sospenderlo e utilizzarlo magari a vita come fosse una protesi chimica, devi sapere che l’antidepressivo funziona (se funziona) solo per alcuni anni, dai 2 ai 5 al massimo ma poi non funziona più, nemmeno aumentandone il dosaggio e spesso nemmeno cambiando molecola: a questo punto la depressione torna nonostante si continui ad assumere il farmaco. Perché avviene questo?
Avviene perché il cervello, col passare del tempo, si abitua alla molecola a tal punto da riuscire ad annullarne l’effetto: della depressione andrebbe trovata e rimossa la causa perché se agisci solo sui sintomi, rischi di innescare una controreazione del cervello che tenta di riprendersi la sua depressione che in quel periodo, per motivi a noi sconosciuti, lui vuole.
Gli errori più comuni che portano a cominciare una terapia antidepressiva qualora non ve ne sia necessità, sono:

  1. Mi devo curare se no peggioro o la depressione si cronicizza
    Non è vero. La mente umana è stupendamente in grado di creare compensi ai disagi emotivi, basta lasciarle il tempo di organizzarsi senza turbarla con sostanze chimiche estranee. La condizione che rende necessaria una terapia farmacologica per la depressione si presenta qualora ansia e depressione siano talmente forti da impedire di attuare strategie di cambiamento; la necessità di una terapia psicofarmacologica cioè, esiste solo qualora la persona non sia più in grado di reagire.
  2. Non sono molto depresso ma voglio stare meglio
    Questo è uno degli errori più comuni: gli antidepressivi non agiscono nelle depressioni medie o leggere e se anche dessero un modesto miglioramento dell’umore, gli effetti collaterali a breve e a lungo termine ne annullerebbero di gran lunga i benefici.
  3. Prendo antidepressivi pur non essendo depresso, per alleviare ansia, insonnia, ossessioni
    Non ne vale la pena, se anche la molecola dovesse funzionare in tali casi, lo farebbe per un breve periodo ma poi i suddetti sintomi tornerebbero nonostante la terapia, aggravati e complicati da uno stato depressivo che prima non c’era.
  4. Gli psicofarmaci curano e possono far guarire
    Non è vero, in medicina solo gli antibiotici curano la malattia spegnendo l’infezione; gli antidepressivi invece danno solo momentaneo sollievo ai sintomi ma non modificano in modo permanente la biochimica del cervello anzi, tendono a peggiorarla. Fin che li assumi il sollievo persiste (solo per qualche anno) ma come li sospendi tutto solitamente torna come prima o anche peggio.
    Concludo esortando i lettori a seguire questi principi:
  • Cominciate una terapia antidepressiva solo qualora la depressione sia talmente forte da impedirvi di reagire o se mette a rischio la vostra incolumità fisica; fin che avete invece la forza per lottare escludendo la chimica (droghe e alcol compresi, si intende!), fatelo: i farmaci antidepressivi attualmente in uso alleviano i sintomi della depressione ma tendono contemporaneamente ad aggravarla poiché innescano una controreazione del cervello. Devono quindi essere una scelta estrema, di emergenza contro la depressione e mai la prima opzione come invece troppo spesso capita
  • Evitate di assumere antidepressivi nel caso di depressioni leggere oppure per semplice insonnia, ansia o forme ossessive.

 

 

Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità di Yuval Noah Harari (2011)

Scritto dal giovane storico (nato 1976), saggista e professore universitario (Università di Gerusalemme) Yuval Noah Harari, è stato pubblicato in ebraico nel 2011 e in Italiano nel 2014.

E’ un libro che ha avuto un incredibile successo, ha venduto 15 milioni di copie ed è stato tradotto in più di 30 lingue. Racconta la storia dell’umanità, dalla scimmia ai giorni nostri e si spinge fino alla storia di un prossimo futuro dove la scienza sconvolgerà la vita tradizionale che abbiamo fin qui vissuto.

Libro traboccante di intelligenza e cultura ma anche di una saccente e poco simpatica sicurezza eccessiva di sé e delle proprie conoscenze.

A me che l’ho letto 2 volte, non è piaciuto e non ha lasciato alcun segno né affettivo né culturale. Probabilmente la vastità sconfinata dell’intera storia dell’umanità non dà in tempo di appassionarsi e riflettere su nessun argomento in particolare, una macchina in corsa che ti mostra dal finestrino tutto e nulla.

A. Mercuri

Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn

Cari lettori, ho ripreso in mano in questi giorni la bellissima opera dello scrittore Aleksandr Solženicyn (Kislovodsk,1918- Mosca, 2008) intitolata Arcipelago Gulag e scritta tra il 1958 e il 1968 (vedi qui il PDF)

Tale libro è definito dall’autore stesso un “saggio di inchiesta narrativa” in quanto, lungi dall’essere un romanzo, è piuttosto un documentario sull’ invisibile sottosuolo di crimini di Stato nella Russia Sovietica che ha toccato il suo culmine di efferatezza durante gli anni di dittatura staliniana. In particolare, Solženicyn descrive la modalità assurda e spaventosa con cui milioni di russi onesti e innocenti vennero internati per anni o decenni nei campi di lavoro siberiani.

Purtroppo il mondo da due anni sta vivendo una condizione nuova in cui i diritti e le libertà individuali sono sacrificati in nome di un presunto “bene comune” che è la lotta al COVID; e noi, abituati alla libertà più assoluta, ci sentiamo  spaventati e disperati di fronte ad una democrazia che velocemente acquisisce alcuni connotati caratteristici delle dittature.

Ho sentito il bisogno di rileggere il testo del grande Solženicyn; a quel tempo il presunto bene comune da difendere era la Grande Russia, l’amata patria; e la difesa di tale supremo bene comune si doveva attuare secondo i principi della Rivoluzione comunista sovietica maturata tra il 1917 e il 1922.

A. Mercuri

 

Cristallo di rocca di Adalbert Stifter (1805-1868)

Cristallo di rocca, una fiaba scritta nel 1845 da Adalbert Stifter: due fratellini si perdono tra i ghiacci eterni della montagna la notte di Natale, di ritorno a casa provenienti dal paese della nonna materna situato dall’altra parte del monte. Una notte all’addiaccio dentro una grotta di roccia e ghiaccio aspettando i soccorsi, un dialogo innocente e commovente tra il fratellino che tenta di tenersi adulto e virile e la sorellina arrendevole e fiduciosa in lui; l’amore per la Natura, l’incanto del mondo infantile, l’innocenza e la fiducia dei bambini, gli universi maschile e femminile che si incontrano e si completano, le tradizioni immutabili del mondo preindustriale, l’amore e la devozione al suolo natio che portano con sé salvaguardia e cura per il proprio ambiente. Tutti motivi che fanno riflettere sull’inevitabile infelicità del moderno uomo globalizzato, tecnologico e disperato.

Di Adalbert Stifter leggi anche: Uomo & Donna: il potere curativo dell’amore. 

A. Mercuri

Brintellix, un famoso antidepressivo inutile?

Cari lettori,
tempo fa ho pubblicato un articolo riguardante l’antidepressivo Vortioxetina (Brintellix in Italia) nel quale riassumevo ciò che la casa produttrice spiega riguardo al meccanismo d’azione del proprio farmaco, cose che trovate scritte anche nella scheda tecnica AIFA (agenzia italiana del farmaco) o, in generale, in qualsiasi sito che ne parli.
Riassumendo, Vortioxetina (Brintellix) secondo le note ufficiali, dovrebbe essere un antidepressivo innovativo (definito multimodale) perché non solo eleva i livelli di serotonina come quasi tutti gli altri antidepressivi (attraverso l’inibizione della ricaptazione di tale neurotrasmettitore) ma è in grado anche di modulare (cioè inibire e/o eccitare) alcuni recettori per la serotonina (tra cui principalmente i 5HT1A, 5HT1B, 5HT3 e 5HT7) il che andrebbe a contribuire alla sua potenza antidepressiva.
Aifa, così si esprime nella scheda ufficiale di descrizione del prodotto:

”Si ritiene che il meccanismo d’azione di vortioxetina correli con la sua attività diretta di modulazione dei recettori serotoninergici e inibizione del trasportatore della serotonina (5-HT). Dati preclinici indicano che vortioxetina è un antagonista dei recettori 5-HT3, 5-HT7 e 5-HT1D, un agonista parziale dei recettori 5-HT1B, un agonista dei recettori 5-HT1A e un inibitore del trasportatore della serotonina, portando ad una modulazione della neurotrasmissione in diversi sistemi, incluso principalmente quello della serotonina ma probabilmente anche quelli della noradrenalina, dopamina, istamina, acetilcolina, acido γ-amminobutirrico (GABA) e glutammato. Questa attività multimodale è considerata responsabile degli effetti antidepressivo ed ansiolitico-simile e del miglioramento della funzione cognitiva, di apprendimento e della memoria asservati con vortioxetina negli studi su animali”.
Per fortuna, almeno aggiunge questa nota: Continua a leggere