L’impatto del computer sulla vita e la psiche di bambini e adolescenti

Autore: Irina Zalinskaya 

Traduzione di A. Mercuri

La tecnologia informatica ha cambiato il mondo e oggi il computer è diventato parte della vita di quasi tutte le persone; per i bambini poi, è parte naturale dell’infanzia, come il gioco del pallone o la bicicletta.
Le ricerche non consentono ancora di dare una valutazione univoca ed esauriente riguardo l’influenza del computer sulla psiche del bambino. Esso può essere uno strumento utile per la terapia di vari disturbi, migliorando ad esempio la coordinazione occhio-mano; studi scientifici dimostrano poi che i videogiochi stimolano i processi mentali infantili, abituano il bambino a riflettere, stimolano la sua immaginazione, arricchiscono la sue conoscenze.
Ma insieme a queste acquisizioni positive, una applicazione costante al computer può comportare nei bambini modificazioni negative della personalità: oltre al rischio di svariati disturbi fisici (problemi di vista, obesità, cefalea, postura scorretta, ecc.), possono manifestarsi alcuni disturbi psichici. Gli adolescenti che frequentano assiduamente il mondo virtuale possono ad esempio perdere il senso della realtà e affrontare quindi la vita reale con meno entusiasmo, scivolando verso la noia e la depressione se le loro condizioni di vita reale non sono particolarmente interessanti e ricche; trascorrendo poi molto tempo coi social networks, gli adolescenti vanno incontro a difficoltà di comunicazione tra loro nella vita reale.

Impatto negativo sullo sviluppo psicosociale

Internet, le chat, i videogiochi, se utilizzati per lungo tempo causano dipendenza psicologica: si modificano le emozioni e diminuiscono le competenze sociali; si stima che tra gli utenti della rete, circa il 23% sia internet-dipendente e questo è già un problema che di norma è molto difficile da gestire perchè l’astinenza dal computer provoca una sindrome simile a quella dell’astinenza da alcool: tremore, sudorazione, insonnia, ansia, depressione.

Per quanto riguarda il bambino, egli comincia ad uscire poco di casa, non si incontra con i coetanei, non stabilisce nuovi legami sociali, smette di sognare e tutto questo aumenta il suo senso di solitudine: il mondo virtuale gli invade la vita allontanandolo da quella reale.

Impatto negativo sullo sviluppo della moralità

Utilizzando i videogiochi, il bambino assimila alcuni modelli di comportamento, anche aggressivi, che può successivamente trasferire nella vita reale.
Ancora, il vincere ai videogiochi, rafforza in lui l’autostima e la sensazione di successo, mentre le sconfitte gli causano scoppi d’ira e ansia. Spesso, dopo aver giocato al computer, residua in lui un senso di solitudine e perdita.
Come hanno dimostrato alcuni studi, i videogiochi violenti provocano nei bambini un aumento di aggressività, sospetto e irritabilità mentre, parallelamente, diminuisce la sensibilità morale: tutte cose che, combinate insieme, possono portare allo sviluppo di una personalità antisociale. Lo stesso vale per i siti internet che propongono contenuti immorali e violenti, come i siti pornografici, il cui effetto venefico è evidente.
Tuttavia, non bisogna vietare al bambino di “comunicare” con il computer, soprattutto perché il frutto proibito sarà sempre una tentazione: la parola chiave è pertanto “moderazione”. Il computer può essere il peggior nemico ma può anche diventare un assistente, se usato per scopi educativi e cognitivi, accelerando lo sviluppo del bambino e ampliando i suoi interessi.

Faccio un paragone tra i bambini dell’Era pre-informatica, in particolare la mia, gli anni ’80 e quelli d’oggi.
Ricordo che la nostra infanzia è stata ricca di vita vera e di emozioni, la comunicazione era diretta coi coetanei, da persona a persona, non c’erano social media e videogiochi ma giochi di squadra che facilitavano la creazione di contatti umani reali e profondi; c’era il contatto e la comunione con la natura, le escursioni scolastiche nella foresta, sul fiume, in montagna, nelle grotte; buona parte del tempo era speso in attività fisiche all’aria aperta, cosa che influiva anche positivamente sull’organismo in crescita.
Oggi manca la comunicazione intima da cortile, i cortili sono diventati parcheggi d’auto: è la perdita di un luogo reale ma anche di luogo-simbolo del contatto umano intimo e diretto, che porta con sé l’aiuto reciproco reale, quando necessario. Un gran numero di legami d’infanzia che si protraggono ancora nella vita adulta, è nato proprio nel cortile quand’ero bambina. Oggi, si vedono spesso le persone che, fin dall’adolescenza, stanno vicine le une alle altre guardando lo smartphone, ognuno per suo conto.

Concludendo, la comunicazione delle informazioni in tempo reale è molto più semplice oggi ma i bambini e gli adolescenti del 20°secolo hanno avuto una vita emotivamente molto più ricca. Grazie all’abitudine di comunicare in modo diretto sono cresciuti più socievoli, più interessati a fare nuove conoscenze, più adattabili ai cambiamenti del mondo circostante e, avendo vissuto dippiù all’aria aperta rispetto ai bambini d’oggi, si sono meglio sviluppati fisicamente, emotivamente, hanno meno allergie e una migliore risposta immunitaria.

Benessere psichico & Altruismo

Penso che la mente umana sia meno complicata e ripiegata su se stessa di quanto la psicologia freudiana ci ha proposto. La psicoanalisi ha avuto il merito di porre l’attenzione sull’individuo, sui suoi bisogni e sofferenze ma poi è andata oltre il segno divenendo una sorta di fede indimostrabile e astrusa, irrealistica nella sua distanza dalle leggi biologiche che sono invece molto più dedicate alla conservazione della specie che dell’individuo. Un uomo che, per raggiungere la serenità, si concentri su se stesso come la psicoanalisi o altre filosofie consigliano, non raggiungerà mai alcuna pace. Continua a leggere

La pratica dello psicoterapeuta

Non c’è nulla di più importante per uno psicoterapeuta, che avere visto moltissimi pazienti per capire, al di là delle differenze individuali, che esistono “categorie” di persone che seguono destini simili, si somigliano nel modo di pensare, vivere, sentire, reagire, credere; e pure se s’ammalano psicologicamente, si somigliano. Un’ampia casistica “personale” è fondamentale per capire, a grandi linee, chi hai di fronte, con un solo colloquio. Continua a leggere

La cultura dello psicoterapeuta

Lo psicoterapeuta efficace non può avere solo una cultura tecnica relativa alla propria materia, la psicologia, ma una cultura globale. Per cominciare, deve conoscere la medicina e la farmacologia perché molte malattie del corpo, oppure farmaci e droghe, possono essere responsabili dei disturbi che il paziente lamenta: non sarebbe una bella figura se tenessimo in cura sei mesi una persona che lamenta astenia e depressione attribuendone la causa a traumi psicologici infantili ma scoprendo poi che soffre di ipotiroidismo, di insufficienza epatica, ha livelli molto bassi di vitamine del gruppo B oppure ha un disturbo neurologico incipiente.
Bisogna avere inoltre, gli strumenti scientifici per capire come e quanto le eventuali sostanze psicotrope assunte (anche le più comuni: alcol, nicotina, caffeina) interferiscono col funzionamento psichico, affettivo, comportamentale, sociale del paziente. Gli psicofarmaci, che con le droghe hanno molti punti in comune e troppo spesso oggi sono usati scorrettamente, possono diventare gli unici responsabili delle strane sofferenze per le quali le persone si rivolgono a noi: bisogna pertanto saperli togliere; talvolta però, divengono necessari e allora dobbiamo anche saperli prescrivere. Personalmente mi sento molto a disagio quando un paziente, con me, vuole fare solo la psicoterapia mentre per gli psicofarmaci lo segue lo psichiatra: con che animo mi accingo io, psicoterapeuta medico, a curare solo con le parole una depressione, sapendo che il mio paziente assume da diec’anni tre pastiglie di Tavor al giorno perché il suo psichiatra dice che così va bene? E se un altro arriva agitato, piangente e scopro che ha sospeso da poco l’antidepressivo, cosa faccio? Gli parlo dell’inconscio? Continua a leggere

“I tempi di Anika” di Ivo Andric (1892-1975)

Bel racconto di Ivo Andric, scrittore Serbo nato in Bosnia nel 1892. Fu scrittore (premio Nobel 1961), uomo politico e diplomatico, di vasta popolarità nel suo Paese.
Anika è ragazza di un piccolo e reale paese della Bosnia, Dobrun, che per qualche misterioso motivo, tra il bene e il male sceglie il male; sceglie cioè di acquisire potere e notorietà diventando “amica” degli uomini del Paese.
E con la protezione dei più influenti tra essi, che incanta con la sua misteriosa bellezza, colpisce chi la minaccia, la biasima, la critica divenendo di fatto invulnerabile di fronte ai detrattori e alla giustizia perché gli stessi preposti all’ordine pubblico subiscono il suo fascino e rimangono avvinti dalla sua compiacenza.
Esercita la prostituzione ma non chiede soldi e non si arricchisce. Perché lo fa? Perché, mentre le altre ragazze vivono sotto il sole costruendosi un futuro tra figli e famiglia lei vive nell’ombra, in una trincea, combattendo contro un nemico invisibile a tutti? Perché quella propensione naturale per ciò che è losco, proibito, malvagio?
Alle volte si diventa così per aver subito troppi torti quindi per rivalsa sulla famiglia, sulla società, sul mondo intero. Oppure perché alcune persone non hanno gli strumenti cognitivi per emergere nella vita ma, oppressi dall’urgenza interiore di non rimanere anonimi per l’eternità, scelgono il male come via più facile per attirare su di sé l’attenzione e il ricordo.
Comunque non va dimenticato che il padre di Anika era un omicida che ha ucciso un uomo con un bastone solo perché gli rubava un po’ di frutta dall’albero e la madre era una donna di dubbia salute mentale e intelligenza; il fratello di Anika, d’altra parte, era un gracile mentale.
Non mi dilungo oltre, se siete curiosi, leggete il racconto.

A. Mercuri

13 marzo 2019, 44° anniversario della morte di Ivo Andric

Il 13 marzo 1975, 44 anni fa, moriva a Belgrado il grande scrittore serbo di Bosnia, Ivo Andric.

Nel 1961 gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: «Per la forza epica con la quale ha tracciato temi e descritto destini umani tratti dalla storia del proprio Paese». E io, per lo stesso motivo, desidero ricordare e salutare quest’uomo mite e schivo che, con la forza dell’amore per il proprio Paese, la Bosnia e per il proprio popolo, il popolo Serbo, rinforzò e continua a farlo, il sacrosanto amore e orgoglio che ognuno di noi dovrebbe avere per il proprio Paese. Grazie Andric!

Angelo Mercuri

Amore per le donne

Cari lettori, ecco il tradizionale saluto alle donne russe  che il presidente Putin fa ogni anno, l’8 marzo. Riporto il video del 2018 perchè mi sembra particolarmente significativo riguardo all’importanza che i russi e in testa il loro Presidente, danno alle tradizioni. E’ bella anche la poesia che Vladimir Putin si improvvisa a recitare.

Egli ringrazia con devozione tutte le donne per l’instancabile impegno che profondono in tutto ciò che fanno: amore, figli, marito, lavoro ed è’ evidente come la sua simpatia vada al modello tradizionale di donna, diametralmente opposto a quello tristemente famoso e vuoto di senso di donna femminista, tanto diffuso in America e negli Stati europei occidentali, che tanto danno ha già fatto all’immagine, alla dignità e al valore inestimabile della donna. Il presidente Putin, recita inoltre parte di una poesia del famoso poeta sovietico Andrey Dementyev, di cui vi fornisco il testo completo: Continua a leggere

“Primo amore” di Ivan Sergeevič Turgenev (1818 – 1883)

Ho appena finito di leggere un breve racconto dello scrittore russo Ivan
Sergeevič Turgenev (1818 – 1883) intitolato Primo amore, capitatomi tra le mani per caso.

Mi hanno sorpreso la tensione affettiva e l’accoramento dell’Autore, l’emozione viva che sgorga dai temi della giovinezza, del corteggiamento, dell’attrazione, dell’eterno amore tra uomo e donna; il fascino di una giovane donna che, tra giocosa ingenuità e malizia, incanta gli uomini con la potente sapienza innata conferitale da una natura con lei generosa: una di quelle donne in grado di portare rinnovamento e scompiglio ovunque si spostino.
Racconto struggente, intriso di poesia, malinconia e rassegnazione al destino, ambientato nel paesaggio ameno della campagna russa dell’Ottocento dove la natura entra in magica risonanza coi sentimenti umani, li modella e dà ad essi limiti e senso.
Una storia raccontata tutta d’un fiato, bellissima e avvincente, rimasta fresca, intatta e attuale a distanza di centoquarant’anni dalla stesura: una storia, una melodia, una canzone della natura che oggi, tra condomini e traffico, non canta più nessuno.

A. Mercuri

Disturbo di panico: tra neurologia e stile di vita

L’attacco di panico è una condizione di ansia acuta, talmente intensa da risultare paralizzante. Normalmente, l’ansia provoca uno stato di allerta in cui l’individuo è pronto ad agire in qualche modo o scappando dal pericolo o affrontandolo. In ogni caso, conserva la propria autonomia.
Nell’attacco di panico invece, l’ansia è talmente intensa da paralizzare l’individuo, come chi, nella vita reale, si trova di fronte ad un evento talmente minaccioso per sé, grave e difficile da gestire, che non può far altro che bloccarsi e chiedere aiuto. Per questo, tipicamente, anche le persone abitualmente più forti e indipendenti rimangono annientate dall’attacco di panico perdendo l’autonomia ed essendo costrette a farsi soccorrere.
La caratteristica principale che rende l’attacco di panico così spaventoso è la sensazione che qualcosa di terribile stia accadendo proprio a se stessi, nel corpo (infarto, ictus) o nella mente (follia): come si vede, qualcosa di terribile, inevitabile, ingovernabile.
Ma perché alcune persone pur facendo una vita tranquilla li hanno e altre, anche se sottoposte a forti e prolungati stress, no?
La risposta è molto banale: perché alcuni ne sono costituzionalmente predisposti e altri no; è come chiedersi perché alcuni, pur facendo una vita tranquilla, vanno in depressione o hanno gli attacchi epilettici.
E che ci sia una costituzione predisponente al panico, ne è la prova anche la famigliarità di questo disturbo, che sovente è o era presente anche in qualche consanguineo.
In particolare, gli studi scientifici hanno dimostrato che, i soggetti predisposti agli attacchi di panico, hanno una costituzione “adrenalinica” cioè un ipertono adrenergico del Locus Coeruleus, un piccolo raggruppamento di neuroni localizzati nel tronco encefalico e Continua a leggere

Attacco di panico

Gli attacchi di panico o disturbo da panico, sono una classe di disturbi d’ansia caratterizzati da intensi stati di ansia accompagnati da altri sintomi psicologici e somatici.

Rappresentano uno dei più comuni disturbi psichiatrici e costituiscono un fenomeno sintomatologico complesso e piuttosto diffuso (si calcola che 10 milioni di italiani abbiano subito uno o più attacchi di panico).

Il disturbo di solito esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta ed ha un’incidenza due a tre volte maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

Non è infrequente che tale disturbo non venga riconosciuto dal paziente e di conseguenza non venga trattato. La terapia è sia di tipo psicologico che, nei casi più gravi, di tipo farmacologico a base di antidepressivi e ansiolitici benzodiazepinici. La maggior parte delle persone guarisce mentre una minoranza sviluppa invece un disturbo da recidiva di attacchi di panico. Continua a leggere