Antidepressivi: solo un prestito da restituire con gli interessi

Cari lettori, so di averne già parlato ma visto il gran numero di voi che assume o assumerà antidepressivi, mi sento oggi di sottolineare questo: l’antidepressivo fa migliorare l’umore, fa diminuire le ossessioni, mitiga le fobie, l’ansia e rende il sonno soggettivamente migliore.

Questo è innegabile e per un po’ di tempo potrebbe essere per voi la pillola della serenità; ma tutto questo non dura: il cervello è un sistema complesso che vuole tornare all’equilibrio e ci riesce. L’antidepressivo di solito funziona per qualche anno poi i meccanismi contro-regolatori del cervello prendono il sopravvento e la depressione o le ossessioni, l’ansia, ecc. tornano nonostante l’antidepressivo; a questo punto istintivamente uno tende ad aumentare le dosi ma solitamente questa strategia funziona per poco tempo perché la velocità dei meccanismi contro-regolatori aumenta e il cervello diventa sempre più abile e veloce nel contrastare l’effetto del farmaco, così anche raddoppiando la dose, il miglioramento è breve e modesto. Allora cambiate molecola e questo per un po’ funzionerà ma tutti gli antidepressivi attualmente in uso hanno un meccanismo d’azione simile che il cervello ha ormai imparato a riconoscere e a contrastare.

Insomma, in qualche modo il cervello depresso reclama la propria depressione, il cervello ossessivo vuole le proprie ossessioni, il cervello ansioso vuole riavere la propria ansia, ecc. Se invece che insegnare al cervello a desiderare la serenità attraverso una psicoterapia intelligente scegliete la via furba della biochimica, prendete sicuramente la strada più breve ma fate un debito che dovrete restituire con gli interessi non appena smetterete di assumere l’antidepressivo.
Riassumendo: l’antidepressivo aggrava lentamente la depressione ma non ve ne accorgete perché esso stesso per un po’ copre i sintomi di tale peggioramento.

Mi piace il paragone con Continua a leggere

Panico, attenti alla terapia!

Cari lettori, ho già descritto il disturbo di panico nelle sue linee essenziali, nel precedente articolo “Disturbo di panico: tra neurologia e stile di vita”. Qui volevo solo parlare brevemente della sua terapia.

Non c’è in realtà molto da dire su di essa: generalmente, qualsiasi medico sa che il cardine della cura sono i farmaci antidepressivi, in particolare quelli serotoninergici. Questo significa che se avete attacchi di panico e prendete un antidepressivo serotoninergico, nel giro di qualche settimana gli attacchi scompariranno o si faranno più radi e meno intensi. Risolto il problema dunque? No.

In realtà purtroppo, gli antidepressivi funzionano per qualche anno, ad essere ottimisti, poi il panico torna nonostante si continui la terapia; spesso nemmeno un aumento di dose o un mix di più farmaci può servire a ripristinare l’effetto farmacologico antipanico dei primi mesi di terapia. Anzi: gli antidepressivi tendono a cronicizzare la malattia per la quale vengono assunti (depressione, ossessioni, fobie, panico, ansia cronica, timidezza) e a peggiorarla. Non è raro poi il caso in cui una persona assume antidepressivi continuativamente per anni allo scopo di tenere a bada Continua a leggere

Uso cronico di benzodiazepine

Cari lettori, come sapete prendere continuativamente benzodiazepine (BDZ) per lungo tempo è estremamente dannoso e io lo sto predicando da diversi anni. Lo faccio per un motivo, soprattutto: chi assume BDZ cronicamente, sviluppa disturbi mentali che non avrebbe mai sviluppato senza tale dipendenza. Ci sono persone che cominciano ad assumere BDZ per fastidi leggeri e comuni come ansia e insonnia anche modeste e poi vi ci rimangono invischiate sviluppando negli anni una forma ansioso depressiva cronica, tipica delle BDZ; e quasi nessuno riesce a mettere in relazione lo sviluppo di tale disturbo mentale con l’assunzione cronica di BDZ, anzi: guai a toccargliele, quelle “sono l’unica cosa che dà un po’ di sollievo alla mia ansia”, mi sento dire! Finisce così che, molte persone mal consigliate, finiscono per rovinarsi aggiungendo l’antidepressivo (e, spesso, non solo questo ma magari anche Lyrica , Depakin, Seroquel o altre delizie di questo tipo) trasformandosi così da persone normali in pazienti psichiatrici. Ecco perché ho scritto una dispensa sulla dipendenza dalle BDZ ed ecco perché continuo a parlarvene: dovete considerare che in Italia, ad esempio, il 5% della popolazione assume BDZ in modo continuativo e cronico (cioè da almeno un anno) il che si traduce in 3 milioni di italiani schiavi delle BDZ. Continua a leggere

Tianeptina, un super-antidepressivo misterioso

La Tianeptina, una molecola sintetizzata in Francia nel 1960, è un farmaco ad attività ansiolitica, antidepressiva e broncodilatatrice appartenente chimicamente alla classe degli antidepressivi triciclici ma completamente diversa da questi per meccanismo d’azione ed effetti collaterali: agisce in modo tutto suo, senza aumentare i livelli dei neurotrasmettitori serotonina, noradrenalina o dopamina, senza stimolarne o inibirne i recettori e senza dare effetti collaterali di tipo anticolinergico, sedativo, cardiovascolare e sessuale. È utilizzato a volte anche nel trattamento dell’asma e dell’intestino irritabile. Attualmente è in vendita in alcuni paesi europei come la Francia e l’Austria ma per ragioni commerciali non in Italia, dove è tuttavia possibile richiederne l’importazione con il nome di Stablon o Coaxil.

La Tianeptina ha dimostrato di avere un effetto antidepressivo (nel trattamento della depressione maggiore) comparabile a quello di comuni antidepressivi come fluoxetina, amitriptilina, clomipramina e altri ma con molti meno effetti collaterali. Possiede inoltre un’attività ansiolitica che si affianca e completa l’attività antidepressiva e una attività psicostimolante e migliorativa dei deficit cognitivi indotti dalla depressione. Continua a leggere

Trimipramina (Surmontil*)

La trimipramina è un antidepressivo triciclico (TCA) venduto in farmacia con nome di Surmontil. È dotata di spiccato effetto sedativo, ansiolitico ed ipnoinducente. Se assunta in modo continuativo sviluppa effetto antidepressivo e antipsicotico. Il suo effetto complessivo è paragonabile a quello della Levomepromazina (Nozinan) e della Clozapina (Leponex), antipsicotici dotati di struttura chimica simile.

Il meccanismo dell’azione antidepressiva della trimipramina, non è ancora del tutto chiaro dal momento che, a differenza degli altri antidepressivi, non inibisce in misura significativa né la ricaptazione della serotonina, né quella della noradrenalina. È possibile che le proprietà antidepressive del farmaco siano riconducibili al suo antagonismo verso il recettore della serotonina 5HT2A, alla sua azione anticolinergica centrale (cioè cerebrale) e alla sua peculiare capacità di abbassare i livelli di cortisolo circolante, cortisolo che è secreto dalle due ghiandole surrenali in modo eccessivo negli stati di stress o di depressione.

L’azione antipsicotica di trimipramina poi, sembra da attribuire al suo effetto anti-dopaminergico diretto contro i recettori D1 e D2 della dopamina (analogamente ai neurolettici) oltre alla sua già citata capacità di inibire l’increzione (immissione in circolo) di cortisolo surrenalico il quale è Continua a leggere

Sertralina+Nortriptilina: un’associazione vincente contro la depressione

Gentili lettori, voi sapete che io non sono favorevole agli antidepressivi usati con leggerezza; ci sono però casi molto gravi di depressione, di solito in persone che hanno un carico genetico importante in questo senso e dove in famiglia ricorrono squilibri dell’umore gravi e profondi, spesso di tipo bipolare e quindi di chiara origine organica, genetica. Tali crolli dell’umore sono spesso drammaticamente indipendenti dagli eventi esterni (depressioni endogene) e quindi anche gli avvenimenti più belli non riescono a dare sollievo a queste sfortunate persone. Ecco, questi sono i casi in cui certamente una terapia antidepressiva può trovare indicazione.

A dire la verità, Continua a leggere

“Gli dei torneranno” di Carlo Sgorlon

Ho finito di leggere da poco “ Gli dei torneranno”, libro molto riuscito che lo scrittore friulano Carlo Sgorlon (1930-2009) scrisse nel 1977, a quarantasette anni, eta’ matura in cui tutti i temi dei suoi più bei romanzi sono già presenti e ben delineati: l’amore per la sua terra, il Friuli; l’amore, il rispetto e l’attrazione per l’universo femminile; il tema dell’emigrazione in gioventù e della successiva voglia di casa, la ricerca delle proprie Continua a leggere

Un antidepressivo speciale: Noritren (nortriptilina)

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Senso di colpa imposto e depressione

Buongiorno a tutti voi. In questo articolo vorrei parlarvi del senso di colpa patologico (complesso di colpa), da dove proviene e quali conseguenze comporta.

Il senso di colpa fisiologicamente sorge quando abbiamo fatto ciò che non avremmo dovuto fare o non abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Continua a leggere

Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)

Tutti abbiamo episodicamente o per brevi periodi pensieri ossessivi (da obsidere, assediare) che continuano ad affacciarsi alla mente nostro malgrado e che cerchiamo inutilmente di spegnere; solitamente sono associati ad uno stato d’ansia e sono relativi ad eventi che temiamo e cerchiamo di evitare che si verifichino; ci domandiamo troppe volte se abbiamo chiuso il gas, la porta di casa, il fuoco sotto la pentola, perchè l’esplosione, l’incendio o il furto in casa sono eventi assai temuti. Oppure temiamo di perdere il controllo vinti dall’irresistibile forza di un impulso contrario alla nostra volontà.

Lo stesso vale per le compulsioni (da compellere, spingere a, obbligare): esse sono conseguenza del pensiero ossessivo, e si  presentano come azioni o comportamenti coatti, rigidamente schematizzati tanto da essere denominati anche “rituali”; sono sgradevoli e faticosi da compiere, ne riconosciamo l’inutilità ma ci sentiamo tuttavia irresistibilmente attratti a compierli per scongiurare il verificarsi degli eventi temuti in modo ossessivo. Classica è la sequenza:

  1. Timore eccessivo e incoercibile di una fuga di gas notturna con visione catastrofica e inaccettabile delle conseguenze (pensiero ossessivo)
  2. Controllo prolungato ed irrazionalmente eccessivo delle manopole del gas (risposta compulsiva).

Tutti dunque abbiamo ossessioni e compulsioni quindi la differenza tra normalità e malattia è solo una questione di quantità: se cioè le idee ossessive e i conseguenti rituali sono troppo frequenti oppure occupano troppo tempo nella nostra giornata interferendo col funzionamento sociale, lavorativo, affettivo allora parliamo di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) cioè di una vera e propria patologia.

Ma perché il meccanismo ossessivo-compulsivo è presente, sebbene latente, anche nelle persone normali? Probabilmente perché esso, nelle sue manifestazioni blande e ben applicate è utile alla sopravvivenza.

Se un possibile avvenimento infatti è tanto grave da essere inaccettabile, è normale e anzi necessario che il problema di come scongiurarlo ci si ripresenti continuamente alla mente nostro malgrado (versione fisiologica del pensiero ossessivo) ed è indispensabile che facciamo ripetuti e noiosi controlli sull’affidabilità delle nostre misure di sicurezza (versione fisiologica delle azioni compulsive). Allo stesso modo, se ci innamoriamo di una persona, è naturale e necessario pensare continuamente ad essa e mettere in atto tutte le azioni ed i comportamenti atti a conquistarla. Continua a leggere