Ambiguità sessuale come moda: un grave danno per i giovani

Noto come negli ultimi tempi anche in Italia, le differenze di ruolo (sessuale, comportamentale, lavorativo) tra i sessi maschile e femminile siano propagandate come una convenzione ancorata alla diversità biologica, una forzatura verso uno stereotipo obsoleto di uomo e di donna che costringe ad una scelta obbligata di stare o da una parte o dall’altra escludendo le infinite e meravigliose sfumature dell’ambivalenza e dell’intercambiabilità. E questo viene proposto come una conquista del progresso sociale verso la libertà di esprimere le proprie tendenze in modo del tutto libero; un vero e proprio invito all’ambiguità di genere e un incentivo ai comportamenti omosessuali.

Tutti i prodotti oggi, che siano  orologi, pantaloni, spaghetti o biancheria intima, devono essere presentati da modelli di aspetto sessualmente ambiguo e spesso abbracciati che alludono all’amore e alla sessualità libera da convenzioni di genere; la rock band che va per la maggiore è composta da individui di genere indefinibile e alla radio imperversa un uomo che gorgheggia melodioso l’amore per un altro uomo e per un figlio comprato e costretto a non avere una madre. In aggiunta a ciò, qualsiasi adolescente, accedendo con due clic a certi filmini di internet, può vedere come la pubblicità abbia ragione: si, egli pensa, effettivamente i vecchi limiti sono superati.

Ma siamo sicuri che questo invito all’amore e al sesso senza regole, che propaganda l’ambivalenza sessuale, sia benefica per i nostri figli e per la società in generale? Sono così stupide e obsolete le convenzioni sociali riguardo alla spartizione dei ruoli? Io penso di no e per due ragioni:

1) La suddivisione biologica maschio-femmina a partire dall’ancestrale ermafroditismo, è stata una lenta e vincente conquista dell’evoluzione darwiniana; e alla diversità biologica sono seguite la diversità delle attitudini e la spartizione dei compiti che sono divenuti sinergicamente complementari e quindi, almeno teoricamente, senza competizioni e dissidi.

2) Molti adolescenti e giovani oggi, precipitano nella disperazione per aver voluto fare esperienze omosessuali pur senza essere tali, spinti e incentivati dalla propaganda in atto. E questo capita perché chiunque ha dentro di sé (e ancor più nell’adolescenza) una presenza più o meno ampia dell’altro sesso, presenza indispensabile per capire le istanze psicologiche e fisiche dell’altra metà ma che dovrebbe rimanere in nuce, come natura vuole, e non essere ipertrofizzata  da una propaganda che propone e promuove l’intercambiabilità tra mansioni e comportamenti maschili e femminili.  

Pieno rispetto allora per ogni scelta individuale di identità di genere e gusti sessuali; ma altrettanto rispetto per una tradizione che coglie e distingue le bellissime e indispensabili differenze tra maschio e femmina: una tradizione che, come sopra ho accennato, non si è formata a caso ma ha profonde radici biologiche e antropologiche; una tradizione di spartizione netta di ruolo maschio-femmina che i nostri adolescenti hanno diritto di seguire con convinzione e con orgoglio senza essere corrotti da una propaganda dannosa e vuota di senso.  

Angelo Mercuri

 

 

Venlafaxina: funziona, ma forse c’è di meglio

Venlafaxina è una molecola antidepressiva pubblicizzata come SNRI cioè con doppia azione sia serotoninergica che noradrenergica ma in realtà la sua potenza come noradrenergico è tanto bassa da essere apprezzabile solo al dosaggio di 225 mg/die. In realtà anche come serotoninergico venlafaxina ha un’azione debole, debolissima se confrontata con i potenti clomipramina (Anafranil), paroxetina o sertralina. Si possono escludere altre azioni di rilievo come quella anticolinergica, antiadrenergica e antistaminica e questo se da un lato può essere un vantaggio per i minori effetti collaterali dall’altro rende la molecola meno potente (l’effetto anticolinergico centrale rinforza l’effetto antidepressivo delle molecole, vedi Anafranil) e meno versatile perché non dotata di effetti ansiolitico e ipnotico-sedativo. Inoltre l’effetto serotoninergico puro di venlafaxina potrebbe spiegare la sua, almeno iniziale, azione irritante sull’apparato digerente (soprattutto nausea) dove la serotonina gioca un ruolo eccitatorio.

Dobbiamo ricordare il 75% circa di venlafaxina viene metabolizzata dal fegato a desvenlafaxina (di cui ora si è fatto un farmaco, il Faxilex) che ha un’azione antidepressiva teorica più marcata della molecola madre essendo 2 volte circa più potente  come serotoninergico e 4 volte più potente come noradrenergico ma tuttavia restando un antidepressivo debole confrontato con altre molecole note (paroxetina, duloxetina, clomipramina, sertralina).

Ancora, un aspetto negativo di venlafaxina è la sua brevissima emivita; questo problema è stato ovviato tempo fa creandone la formulazione a rilascio prolungato da 37,5 o da 75 mg. Tali capsule o compresse però hanno lo svantaggio di non poter essere divise (pena la perdita dell’effetto a lento rilascio) il che rende difficoltoso sia l’inizio che la fine graduale della terapia. Esiste comunque una formulazione liquida di venlafaxina denominata Zaredrop con la quale si può iniziare e terminare la terapia con gradualità ma il problema è che non essendo a rilascio prolungato, va assunta almeno in 2 volte al giorno e comunque tra una dose e l’altra possono comparire sintomi di astinenza.

A. Mercuri

Faxilex, un nuovo antidepressivo che c’era già

Faxilex (desvenlafaxina) è un antidepressivo a doppia azione (serotoninergica e noradrenergica) messo assai recentemente sul mercato (2022): si può dunque dire che sia l’ultimo nato, almeno in Italia, essendo stato il precedente, Brintellix, immesso nel 2014. Desvenlafaxina, è un prodotto di degradazione epatica della più nota e antica venlafaxina ( Efexor, Zarelis, ecc.), in gergo si dice che ne è un metabolita, che è stato estratto e trasformato esso stesso in farmaco. In realtà, di potrebbe dire che desvenlafaxina è il cuore, la parte migliore della venlafaxina poichè ha un effetto serotoninergico di potenza doppia e noradrenergica di potenza quadrupla rispetto al genitore venlafaxina. Infatti il dosaggio sufficiente ad esplicare effetto antidepressivo sembra essere più basso (vengono consigliati 50 mg/die mentre di venlafaxina solitamente se ne usano 75-150 mg). Il vantaggio di assumere questo farmaco piuttosto del progenitore dunque ci sarebbe, perchè più potente e soprattutto più ben bilanciato tra effetto serotoninergico ed effetto noradrenergico; tuttavia ci sono alcuni svantaggi: 1) Sembra essere meno efficace del progenitore 2) Non c’è la formulazione liquida quindi quando cominci devi farlo con 50 mg e quando lo sospendi sei costretto a fare un salto da 50 a 0 di colpo o ad ingegnarti con assunzioni sempre più distanziate perchè la compressa è a rilascio prolungato e non deve essere divisa (di venlafaxina invece esiste la formulazione liquida che si chiama Zaredrop). Io noto come le prescrizioni di Faxilex stiano progressivamente aumentando mentre quelle del precedente Brintellix stiano diminuendo ma non mi sembra che Desvelafaxina possa dirsi un antidepressivo innovativo poichè va ricordato che chi assume venlafaxina assume già desvelafaxina che ne è un prodotto di degradazione: il 70% di venlafaxina infatti viene convertito nel nostro organismo in desvenlafaxina. Dove sta dunque la novità? E che senso ha proporre questo antidepressivo come “nuovo” dal momento che nuovo non lo è per nulla?

Angelo Mercuri

Teanina, un ansiolitico nel tè

La Teanina è una sostanza naturale normalmente presente nel tè che viene estratto dalla pianta Camellia Sinensis. Teanina ha prevalentemente proprietà anti-stress psico-fisico, ansiolitiche e migliorative del sonno e questo effetto sembra dovuto alla sua capacità di aumentare il livello di dopamina e di GABA, di inibire l’attività eccito-tossica del glutammato e di favorire laliberazione di BDNF, fattore di crescita dei neuroni che favorisce il trofismo del cervello, soprattutto dell’ippocampo, struttura importante per ansia, umore e memoria ma molto vulnerabile. Gli studi scientifici hanno dimostrato:

  • una buona efficacia di Teanina nella schizofrenia (certamente in abbinamento ai comuni psicofarmaci antipsicotici, non da sola)
  • nei disturbi dell’attenzione soprattutto quando associata alla caffeina
  • nei disturbi del sonno soprattutto in associazione al magnesio.

Teanina è priva di tossicità anche se assunta per periodi prolungati e non ha incompatibilità con altri farmaci.

A. Mercuri

Ashwaganda per depressione, ansia e insonnia

Ashwaganda è il nome indiano dell’estratto della radice della piccola pianta Whitania Somnifera che significa “Odore di cavallo”, dall’odore caratteristico della radice polverizzata di questa pianta. L’antica medicina Ayurvedica non trascurava questa coincidenza e notava come tale pianta conferisse a chi la assumeva la forza e la virilità del cavallo. Al di là della secolare constatazione della medicina ayurvedica, gli studi attuali sembrano confermare l’azione antidepressiva, ansiolitica e migliorativa del sonno di Ashwaganda e sembra che il meccanismo d’azione principale di tale pianta sia l’abbassamento del livello del cortisolo, ormone delle surrenali che nelle condizioni di stress cronico porta a depressione. Un altro importante e documentato effetto di Ashwaganda è quello antinfiammatorio: tale estratto è infatti in grado di moderare la produzione di citochine pro-infiammatorie (che sono depressogene). Ancora, Ashwaganda migliora il sonno (non per nulla il suo nome scientifico è Ashwaganda Somnifera). Altre azioni scientificamente documentate sono l’azione afrodisiaca, forse per aumentata produzione di testosterone e il miglioramento delle prestazioni cognitive. Da notare come in Ashwaganda vi siano circa 80 principi attivi che agiscono insieme dando come risultato finale gli effetti su menzionati: non sarebbe dunque UNA SOLA sostanza responsabile di tali effetti ma l’azione sinergica di 80 principi attivi presenti nella radice della pianta che lavorano in squadra per dare il noto effetto finale; e questo è vero per tutta la fito-terapia ed è ciò che la rende una materia affascinante ma assai complessa da indagare a livello scientifico: un conto è studiare cosa fa UNA sostanza come potrebbe essere la Paroxetina ad esempio e un conto è capire come interagiscono tra loro OTTANTA sostanze con azioni diverse per dare il risultato finale. Buon futuro alla fitoterapia, dunque!

A. Mercuri

Iperico: un efficace antidepressivo, non una innocua tisana

Iperico è una pianta che ha la sua massima fioritura il 24 giugno, giorno di commemorazione della nascita di San Giovanni Battista e per questo è detto anche erba di San Giovanni; o “scacciadiavoli”, termine popolare per designare la sua proprietà, nota da secoli, di scacciare malumore e pensieri negativi.  Effettivamente, l’uso continuativo per qualche settimana dell’estratto di tale pianta provoca una condizione di maggiore serenità, date le sue proprietà ansiolitiche e antidepressive. Ma rispetto ai comuni antidepressivi funziona davvero o è come paragonare la camomilla al Tavor? No, funziona davvero soprattutto se la depressione è lieve o mederata. D’altra parte, sembra che il meccanismo d’azione complessivo del succo di tale pianta (costituito da vari principi attivi) sia simile a quello dei comuni antidepressivi di sintesi e cioè inibisce la ricaptazione della serotonina; ma non solo di quella perché iperico non è molto selettivo aumentando quindi anche la concentrazione sinaptica di noradrenalina, dopamina, glutammato e GABA.  Insomma, sembrerebbe fare ancor meglio delle note molecole di laboratorio come sertralina, citalopram, clomipramina, venlafaxina, ecc.  E non mancano studi seri, prodotti da scienziati, che considerano l’efficacia di Iperico addirittura superiore a quella dei comuni antidepressivi perfino nella depressione maggiore.

Attualmente Iperico è considerato un efficace antidepressivo per depressioni lievi o moderate ma la nota più importante è questa: Iperico è uno psicofarmaco quindi, che sia necessaria o meno la ricetta per ottenerlo, deve essere un medico a prescriverlo e a controllarne periodicamente gli effetti terapeutici e collaterali. Questo perché gli effetti collaterali sono simili a quelli dei comuni antidepressivi (ansia, insonnia e disturbi gastrointestinali all’inizio del trattamento; disturbi sessuali durante il trattamento) sebbene siano di intensità nettamente inferiore. Va però aggiunta una caratteristica negativa di Iperico e tutta sua, che i comuni antidepressivi non hanno: rende più rapido lo smaltimento di alcuni altri farmaci presi in contemporanea, diminuendone l’efficacia, cosa che può risultare pericolosa nel caso di pillola anticoncezionale, fluidificanti del sangue, immunosoppressori, farmaci anti HIV e altri.

Concludendo:

Vantaggi.

  • Iperico è una pianta quindi il suo utilizzo è più gratificante sul piano psicologico rispetto ad una molecola costruita in laboratorio, ma non solo: come in tutti i prodotti fitoterapici, vi è un gran numero di principi attivi che contribuiscono al risultato finale in un concerto armonioso preparato dalla natura che entra meglio in risonanza con la fisiologia del corpo umano rispetto ad un proiettile chimico creato in provetta
  • Gli effetti collaterali di Iperico sono in genere simili ma nettamente inferiori a quelli dei comuni antidepressivi

Svantaggi.

  • Può dare interazioni rilevanti con le terapie concomitanti

In ogni caso, alcune raccomandazioni:

  • Iperico è uno psicofarmaco
  • Prima di assumere Iperico rivolgetevi sempre ad un medico
  • Assumete sempre preparazioni di Iperico di marca nota e seria nelle quali siano chiaramente specificati i principi attivi, il loro dosaggio e il metodo di estrazione

BIBLIOGRAFIA: Risk assessment of herbal preparations containing St John’s wort RIVM report 2019-0115 L. de Wit | S. Jeurissen | W. Chen

A. Mercuri

N-Acetilcisteina, un integratore intelligente

N-Acetilcisteina (NAC) è nota a tutti, soprattutto col nome commerciale Fluimucil, per essere un prodotto fluidificante delle secrezioni dense (mucolitico) che favorisce la guarigione delle infezioni respiratorie o delle sinusiti. Non tutti sanno però che acetil-cisteina è ultimamente oggetto di studio in psichiatria per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, modulatrici delle sinapsi glutammatergiche e migliorative della funzione mitocondriale nell’ambito di malattie mentali note e gravi quali schizofrenia, depressione, autismo,  DOC e demenze, dove stress ossidativo, infiammazione, malfunzionamento mitocondriale e disregolazione dell’attività glutammatergica sembrano giocare un ruolo cruciale.

N-Acetil-Cisteina infatti è il precursore acetilato dell’amminoacido cisteina, amminoacido che possiamo sia sintetizzare nel nostro organismo e sia introdurre con l’alimentazione; esso entra nella costituzione del glutatione, una semplice ma importantissima molecola costituita solo da 3 amminoacidi: in realtà la cisteina è così benefica per il nostro organismo non direttamente ma in quanto in grado di rigenerare le riserve di glutatione. Sarà poi il glutatione a svolgere le suddette azioni antiossidante, antinfiammatoria, regolatrice della trasmissione glutammatergica e mitocondriale. Acetilcisteina è stata dunque testata nelle suddette patologie psichiatriche con risultati promettenti anche se non è stato ancora definito con precisione il dosaggio e la durata del trattamento. Negli studi clinici infatti, acetilcisteina è stata utilizzata più spesso a dosaggi alti, circa 3-4 volte quelli abitualmente utilizzati come mucolitico ma per periodi brevi, il più delle volte, anche forse troppo brevi come 7 giorni. Sembra invece, e il suo meccanismo d’azione ne dà giustificazione scientifica almeno teorica, che sia l’uso continuativo di acetilcisteina, protratto per diversi mesi, a promuovere un effetto protettivo sul neurone e migliorativo del suo trofismo. Certamente, NAC non ha l’incisività e la rapidità d’azione dello psicofarmaco che agisce direttamente sulla neurotrasmissione dando però un effetto solo sintomatico e spesso peggiorativo della salute del cervello; NAC (NAcetil-Cisteina) invece si colloca piuttosto tra gli integratori alimentari (o, per usare un parolone, tra i neuro-nutraceutici) che agiscono in modo delicato ma profondo, andando a migliorare e non a peggiorare la salute del tessuto cerebrale. Un integratore intelligente dunque che lungi dall’avere un effetto immediato potrebbe però configurarsi, al pari delle mini-dosi di Litio, come una sostanza senza effetti collaterali che alla lunga migliora il benessere di persone affette da patologie psichiatriche croniche.

Invito sempre e comunque ad evitare il fai da te: rivolgetevi sempre ad un medico prima di assumere acetilcisteina anche se la sua vendita non richiede ricetta medica.

Come bibliografia on line è interessante il breve articolo sull’uso del NAC nel DOC: https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles…

Oppure per approfondire le proprietà del NAC nei disturbi psichiatrici è interessante l’articolo “The Potential of N-Acetyl-L-Cysteine (NAC) in the Treatment of Psychiatric Disorders” https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles…

A. Mercuri

Moclobemide, un raro antidepressivo che migliora la sessualità

Moclobemide (Aurorix in Italia) è un antidepressivo inibitore selettivo dell’enzima MAO-A che degrada serotonina, noradrenalina, adrenalina melatonina e dopamina quindi accresce la concentrazione di questi neurotrasmettitori in sede sinaptica e non agisce dunque, come fanno i comuni antidepressivi attualmente in uso (triciclici ed SSRI), inibendo la pompa di ricaptazione di serotonina e al più di noradrenalina. Il risultato comunque è simile per quel che riguarda serotonina e noradrenalina, ma con una differenza importante: Moclobemide fa aumentare anche la concentrazione sinaptica della dopamina, neurotrasmettitore fondamentale per un’equilibrata azione antidepressiva che rispetti anche la sessualità e questo spiega uno dei più importanti motivi per cui andrebbe probabilmente usato come primo farmaco in caso di reali depressioni e non come una scorta da tenere in una bacheca che non si apre mai.

In Italia purtroppo da diversi anni non  viene più prodotto pur essendo un efficace antidepressivo con effetti collaterali nettamente inferiori agli antidepressivi attualmente in uso mentre è usatissimo in molti altri Paesi europei quindi è facilmente reperibile nelle varie farmacie che importano farmaci esteri.

Perché Moclobemide non è più prodotto in Italia? 

Perché era poco usato ma non per scarsa efficacia bensì perché è un I-MAO e nella mente del medico questo è associato a crisi ipertensive, tossicità epatica e restrizioni alimentari da raccomandare al paziente

Per Moclobemide nulla di tutto questo perché oltre ad inibire selettivamente una sola delle due MAO, il legame con la MAO A si dissolve rapidamente, nell’arco di 24 ore dopo un uso prolungato, mentre i precedenti I-MAO che tanta paura ancora incutono, oltre ad inibire entrambe le MAO vi si legano in modo irreversibile: ci vogliono 15 giorni perché il complesso tra uno dei precedenti I-MAO ormai non più usati (tranilcipromina e fenelzina) si dissolva e le MAO A e B si rigenerino pulite. Da questa non selettività e soprattutto dalla irreversibilità del legame, deriva la potenziale pericolosità dei vecchi I-MAO (Fenelzina e Tranilcipromina)

Ancora:

Moclobemide agisce più velocemente dei comuni antidepressivi, in media già dopo una settimana;

Non ha effetto anticolinergico (stipsi, bocca secca, possibile difficoltà di minzione, disturbi visivi o controindicazione assoluta nel caso di glaucoma ad acuto) né antistaminico (sonnolenza) come hanno i triciclici a dosaggio medio.

E’ più sicuro nei cardiopatici e negli anziani

Lungi dal provocare disturbi sessuali, migliora la sessualità nel paziente depresso.

Un’importante avvertenza, però: chi sta assumendo un triciclico o un SSRI deve sospenderlo gradualmente e lasciare passare alcuni giorni prima di cominciare l’uso di Moclobemide per evitare pericolose sovrapposizioni di effetto soprattutto sul potenziamento della trasmissione serotoninergica.

Per questo, forse, Moclobemide meriterebbe di essere usato come farmaco di prima scelta in quanto, se eventualmente poco efficace si può passare ai comuni Triciclici o SSRI già dopo 24 ore mentre non vale il contrario.

Un grande saluto ai miei lettori,

A. Mercuri

 

 

 

 

Psicoplastogeni e Depressione

Il termine psicoplastogeni è stato coniato di recente per designare sostanze in grado di rimodellare la psiche. In modo permanente? Questo non lo sappiamo ma si presume, a buon senso, di no. Cioè probabilmente tali sostanze esercitano il loro effetto plastico sul cervello fin che le assumi ma una volta sospese, lentamente, la propria genetica e il proprio ambiente tornano a prendere il sopravvento.

Quali sono dunque tali sostanze e che effetto danno? Sono stranamente delle droghe, almeno finora considerate e usate come tali, alcune naturali (funghi allucinogeni) altre di sintesi: Ketamina ed Esketamina, LSD, Psilocibina, Mescalina, DMT (Dimetiltriptamina), MDMA (Ecstasy) tutte dotate di alcune caratteristiche: sono piccole molecole; provocano psicosi con allucinazioni; hanno effetto antidepressivo e ansiolitico pressochè immediato; l’effetto di una sola somministrazione su umore e ansia dura da una settimana (Ketamina) ad un mese (Psilocibina) e questo consente un uso saltuario gravato quindi da meno effetti tossici; non sembra disturbino la sessualità.

E’ solo da qualche anno che gli scienziati hanno cominciato ad interessarsene nel tentativo di trovare una alternativa alle tradizionali terapie antidepressive che sfruttano la ricaptazione di serotonina e noradrenalina; le attuali terapie infatti hanno alcuni punti deboli: ci impiegano diverse settimane a funzionare; in un 30% di depressioni gravi non funzionano; all’inizio della terapia e per 7-15 giorni possono  aumentare l’ansia, l’insonnia e generare disturbi digestivi; spessissimo provocano disturbi sessuali in entrambe i sessi e in qualche caso sembra che tali disturbi regrediscano assai lentamente al cessare della terapia; danno forte dipendenza per cui se presi a lungo e con successo risulta poi molto difficile interromperne l’uso; in ogni caso funzionano al massimo per qualche anno poi anche aumentandone la dose l’effetto iniziale non si ripristina.

Gli psicoplastogeni, con meccanismi d’azione differenti, convergono comunque tutti sulla capacità di attivare la produzione e la secrezione di neurotrofine ed in particolare di BDNF, il principale “concime” dei neuroni che ne facilita la replicazione (ove possibile tipo nell’ippocampo) o almeno li nutre favorendo la formazione di nuove sinapsi (neuroplasicità). E questo rinfoltimento delle sinapsi avviene prevalentemente nella regione maggiormante implicata nella genesi e mantenimento dei disturbi mentali: la corteccia prefrontale.

Gli sforzi degli scienziati, come si intuisce, sono attualmente concentrati sulla sintesi di psicoplastogeni che abbiano effetto terapeutico antidepressivo e ansiolitico ma non allucinogeno. Sembra infatti che tali piccole molecole, per esercitare il loro effetto duraturo su umore e ansia, non abbiano bisogno di provocare psicosi con esperienze mistiche e allucinazioni.

Il prototipo di psicoplastogeno è la Ketamina che soprattutto nella formulazione spray nasale esketamina, sta dando promettenti risultati nella depressione anche se rimangono aperti alcuni interrogativi dovuti alla poca esperienza clinica.

A. Mercuri

 

Antidepressivi serotoninergici (SSRI) e disfunzione sessuale persistente

Aggiornato al 29 /11/24

La disfunzione sessuale post-SSRI (Post-SSRI Sexual Dysfunction, PSSD) è una patologia causata dagli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina SSRI ed è caratterizzata da disfunzioni sessuali ed emotive che solitamente insorgono già durante l’assunzione del farmaco (vedi il mio articolo “Sessualità e antidepressivi“) e persistono per un tempo indefinito dopo la sospensione. Può, più raramente, comparire solo alla sospensione del trattamento.
Al di là del nome, la patologia non consiste solo in un insieme di sintomi che colpiscono la sfera sessuale ma è solitamente caratterizzata da una più ampia difficoltà a provare piacere ed emozioni in genere, di cui i disturbi sulla sessualità sono solo i riflessi più evidenti.
I sintomi più comuni, che possono essere presenti contemporaneamente o singolarmente, sono:

  • Assenza o riduzione della libido cioè dell’attrazione sessuale, delle fantasie e dei sogni a sfondo sessuale.
  • Perdita o diminuzione della risposta fisica agli stimoli sessuali.
  • Anestesia tattile e termica delle aree genitali (pene, vagina e talvolta anche capezzoli).
  • Disfunzione erettile negli uomini, diminuita congestione e lubrificazione genitale nelle donne.
  • Incapacità o difficoltà a raggiungere l’orgasmo (anorgasmia) o eiaculazione precoce, sindrome da eccitazione sessuale persistente nelle donne (PGAD), una condizione in cui l’eccitamento sessuale è come irritativo ma non è accompagnato da desiderio sessuale.
  • Anedonia orgasmica: può permanere la sensazione dell’orgasmo associata alle contrazioni muscolari ma senza provare piacere.
  • Ottundimento emotivo ed anedonia: può essere diminuita la capacità di provare emozioni (sia positive che negative, può risultare ad esempio difficile piangere o provare “sensazioni forti”), sensazioni edoniche in genere e di legame emotivo, può venire meno il desiderio di intimità di coppia; possono essere presenti apatia, mancanza di motivazione e di stimolo di fare, diminuita la capacità creativa. Musica, hobby o attività prima coinvolgenti possono non risultare più particolarmente attraenti o gratificanti;
  • Riduzione della viscosità e del volume dello sperma;

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