Anteprima

                                         Quarant’anni di riflessioni

 

Indice

 Introduzione                                           p. 7

 Anziani                                                         9

  • amati nipotini
  • una testimonianza vivente del passato
  • saggezza, diplomazia, moderazione, politica.

 

      Sugli psicofarmaci

Consumismo, tecnologia e               

      crisi economica                                       52

 

L’eccesso di piaceri e di                    

      comodità: una novità difficile

      da gestire                                                  64

 

Lavoro fisico e lavoro                             

intellettuale                                              93

 

 

I veri progressi dell’umanità              107

 

 

Ricerca di omologhi e

      surrogati                                                 129

 

 

Cercatori di emozioni

      perdute                                                   138

 

 

Tra autoaffermazione

      e autodistruzione:

      un equilibrio instabile                          149

  • Nevrosi
  • anestesia morale
  • l’errore della psicologia

 

Tossicodipendenza                               175

 

 

      Nota biografica                                      202

 

 

 

 

 

                      

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

L’idea dell’opera è nata già molti anni fa come desiderio di pubblicare personali intuizioni e riflessioni sul senso profondo e nascosto del comportamento umano; tali riflessioni son diventate per me negli anni convinzioni, ideali e stile di vita.

Svolgendo successivamente la professione di medico e psicoterapeuta mi sono accorto che i medesimi temi, argomento delle mie riflessioni, costituivano i caposaldi psicologici di ogni persona e divenivano problematiche psicologiche nodali nei miei pazienti.

Così son nati 10 brevi capitoli che non hanno certo la pretesa di trattare gli argomenti in modo completo e specialistico bensì di illustrare quanto le persone con cui ho dialogato trovano utile conoscere in materia al fine di acquisire uno stile di vita più sano.

  1. Mercuri

 

                                          

 

 

                                                   

 

 

 

 

 

 

                                                

 

 

 

 

                                                  

 

                                  Anziani

 

Spesso mi capita di riflettere sulla condizione degli anziani nelle società occidentali: arrivati alla pensione, con figli lontani e salute precaria molti anziani conducono un’esistenza per la quale si stenta a trovare un senso; loro stessi talvolta si domandano perché e per chi sono costretti a vivere. Eppure gli anziani non sono fotocopie sbiadite dei loro anni migliori ma individui con capacità nuove e peculiari: la terza età nella specie umana non è semplicemente una deriva psicofisica conseguente allo sfilacciarsi dell’esistenza ma una fase della vita socialmente indispensabile, ben programmata geneticamente, culturalmente e perfino fisicamente.

A questo proposito l’etologo Danilo Mainardi cita la teoria dello zoologo inglese Wynne-Edwards:

 

Non esiste alcuna reale ragione – sostiene Wynne-Edwards – per ritenere la canizie conseguenza inevitabile della degenerazione senile, tant’è vero che altri pigmenti si mantengono indefinitamente. Anche la calvizie è molto ben localizzata sia come area sia come sesso: gli altri peli rimangono, e anzi talora crescono ancora più vigorosi, come frequentemente si verifica nel caso delle sopracciglia dei vecchi maschi. La conclusione più logica sembra pertanto che questi cambiamenti siano dei veri marcatori del passaggio a un nuovo rango. Stanno a significare che chi li porta è un membro della <<casta degli anziani>>, a cui è dovuto rispetto per la grande esperienza e la capacità di dare utili consigli. Dalla <<casta degli anziani>> vengono comunemente estratti condottieri, giudici, ministri, presidenti, pontefici, nonché, per antonomasia, i senatori 1

 

La vecchiaia come fase della vita umana, naturale e programmata, probabilmente non è sempre esistita ma si è ‘formata’ lentamente nei millenni sotto la pressione evolutiva dell’ insostituibile utilità degli anziani; ai primordi della storia umana cioè gli individui in età fertile di famiglie geneticamente longeve trassero dalla collaborazione e cultura dei parenti anziani un tale vantaggio riproduttivo sugli altri giovani del gruppo  appartenenti a famiglie meno longeve da selezionare gradualmente, di generazione in generazione, una discendenza capace di raggiungere con sempre maggior frequenza, età sempre più avanzate fino agli attuali ottant’anni e oltre.

 

Continua Danilo Mainardi:

 

Egli [Wynne-Edwards] ritiene che da quando l’uomo ha acquisito (attraverso la parola e i suoi derivati) la possibilità di trasferire il cumulo delle sue esperienze alla generazione seguente, il suo arco vitale dev’essere aumentato di 25-30 anni circa, lo spazio compreso tra il termine della fecondità e la morte. E’ questo il periodo in cui si viene a trovare accumulato il massimo bagaglio di esperienze tramandabili. […] Wynne-Edwards assumeva che nessun altro animale, neppure tra i nostri stretti parenti, le grandi scimmie, presenta un lungo periodo di vita post riproduttiva e insieme marcatori fisici specifici della raggiunta anzianità. E riteneva che tale portato evolutivo fosse da ascrivere allo speciale uso umano della trasmissione culturale, tale per cui il prolungarsi della vita può avere un’incidenza positiva per l’esistenza e l’evoluzione dei gruppi sociali.2

 

L’utilità fondamentale degli anziani sta dunque nel loro essere depositari e divulgatori di conoscenza e di memoria storica.

L’antropologo Diamond, studioso delle società tradizionali, ce ne fornisce un altro esempio:

 

…per quanto claudicanti, deboli di vista – se non completamente ciechi – e incapaci di procurarsi il cibo senza l’aiuto dei famigliari, quegli anziani svolgevano un ruolo essenziale nella vita del villaggio.[…] La vecchia che mi trovavo di fronte, dunque, era l’ultima depositaria di quelle esperienze e conoscenze: se l’Isola di Rennel fosse stata colpita da un altro ciclone, la sua conoscenze enciclopedica delle varietà di frutti edibili sarebbe stata l’unica risorsa in grado di proteggere gli abitanti dell’isola dalla morte per inedia. Questo e molti altri episodi ci dimostrano come nelle società prealfabetizzate la memoria degli anziani abbia un’importanza essenziale per la sopravvivenza delle generazioni successive.3

 

Oltre che nella dimensione culturale, l’utilità degli anziani presso le società tradizionali, si estrinseca nella loro possibilità di integrare e facilitare il lavoro dei giovani soprattutto in seno alla famiglia:

 

Dopo i sessant’anni[…] gli uomini achè vanno ancora a caccia di piccoli animali, e in più raccolgono frutti e aprono sentieri nella foresta quando la banda si sposta da un campo all’altro. I vecchi !Kung invece raccolgono vegetali commestibili, piazzano trappole e assistono i più giovani durante le battute di caccia, interpretando le impronte degli animali e proponendo strategie per catturarli. Fra i cacciatori-raccoglitori hadza della Tanzania, il gruppo femminile più operoso è quello delle donne in postmenopausa, che lavorano mediamente sette ore al giorno raccogliendo tuberi e frutti. 4

 

Da alcuni decenni però le cose sono cambiate: l’abbandono della vita agreste, l’individualismo esasperato, la svalutazione delle tradizioni, la separazione dei figli adulti dai genitori con conseguente mancanza di nipoti da seguire, sono tutti fattori che hanno favorito l’emarginazione degli anziani i quali si ritrovano spesso a vivere soli, magari trasferiti in città ansiogene e caotiche dove stentano a trovare una propria utilità perché le attività cittadine sono standardizzate su un modello adatto al giovane adulto sano ed economicamente produttivo.

Anche gli anziani pur nati e vissuti in città erano avvezzi ad una struttura urbana più umana: c’è una differenza enorme tra le città di oggi e quelle di settant’anni fa.

Chi era nato e vissuto in campagna poi ha visto a tarda età il cemento sostituire l’erba e l’orrenda periferia della città confinante avanzare divorando terra, operosità contadina e pace.

Così Luis-Ferdinand Cèline nel suo Viaggio al termine della notte del 1932 :

 

Le porte dell’orto sono socchiuse. Il grande cortile è vuoto. La cuccia del cane anche. Una sera come questa, ormai molto tempo fa, i contadini hanno lascito le loro case, cacciati dalla città che usciva da Parigi. Non ne restano che una o due di bicocche di quei tempi, invendibili e ammuffite e già invase dalle glicini stanche che ricadono dalla parte dei muretti scarlatti di manifesti. L’erpice appeso tra due colatoi continua a far ruggine. E’ un passato cui non si da più peso.[…] Tutto il quartiere sussulta senza lamentarsi sotto il ronron continuo della nuova fabbrica.5

Disturbi dell’umore

In psichiatria e psicologia clinica con il termine disturbo dell’umore si designa la vasta classe di disturbi psicopatologici e sintomi che consistono in alterazioni o anomalie del tono dell’umore dell’individuo, che siano di entità tale da causare alla persona problemi o disfunzioni persistenti o ripetute oppure disagio marcato nonché disadattamento alle condizioni ambientali di vita con ripercussioni di varia entità nella vita interrelazionale e/o lavorativa. Spesso tali disturbi si accompagnano a quelli d’ansia.
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Infelicità: malattia o disadattamento?

Due filmati a confronto e una domanda: come si può essere felici passando da una vita così 

ad una così?

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Anteprima

                                                             Introduzione

Per tranquillanti intendo i farmaci che si usano comunemente per dormire, per stemperare la tensione nervosa e lenire l’ansia. Sono chiamati anche ansiolitici o, tecnicamente, benzodiazepine (BDZ), dal nome chimico della loro molecola.

Le prime benzodiazepine furono commercializzate intorno al 1960 e si piazzarono subito tra le molecole più vendute al mondo perché rivoluzionarie nella loro efficacia, sicurezza e maneggevolezza: agivano sull’ansia senza dare sedazione o sonnolenza marcate, non sembravano tossiche neanche ad alte dosi, interferivano poco con altri farmaci o malattie e davano una sensazione di oblioso benessere.

Questo, a distanza di cinquant’anni, è rimasto sostanzialmente vero.

Alcune cose però, pur visibili fin dall’inizio, sono state sottaciute e trascurate, con tacita intesa tra chi le produceva, le vendeva, le prescriveva e le assumeva:

1) il loro eclatante potenziale d’abuso e dipendenza dovuto alla piacevolezza dell’effetto e alla gravosità dei sintomi astinenziali.

In Italia (e in tutti gli altri Paesi ricchi) si stima che il 10% della popolazione adulta ne sia assuntore più o meno continuativo e che ben il 5% sia caduto nella trappola del consumo cronico; anche tra gli adolescenti, il 10% le assume a scopo unicamente ricreativo, saltuario all’inizio (magari rubandole ai genitori) ma probabilmente cronico poi.

2) i non trascurabili effetti collaterali a lungo termine.

Se è vero che le BDZ sono estremamente efficaci e scarsamente tossiche per poche settimane di utilizzo, è altrettanto innegabile che a lungo andare provochino danni nella sfera cognitivo-affettiva: memoria, attenzione, concentrazione,  agilità mentale, tono dell’umore, vitalità, motivazione, iniziativa, interessi e determinazione, tutte qualità di un cervello giovane e sano, vengono degradate. Sembra inoltre che il cervello impieghi molto tempo per riparare completamente tali danni dopo la totale sospensione delle BDZ.

3) il dilagare dell’epidemia di dipendenza da BDZ.

Nonostante il grave problema mondiale della dipendenza da BDZ, troppo poco è stato fatto per arginarlo:

pochissimi studi onesti ed approfonditi sui reali effetti delle benzodiazepine a lungo termine.

poca educazione di medici e popolazione generale sugli effetti a lungo termine e sulle tecniche di disintossicazione.

pochi centri dedicati esclusivamente alla disintossicazione da BDZ perchè la personalità, lo stile di vita e l’ambiente del mono-dipendente da benzodiazepine sono assai diversi da quelli del tossicodipendente da eroina, cocaina ecc. quindi non si può, come invece ancora oggi si fa, accoglierli tutti insieme usando gli stessi metodi di disassuefazione.

Questo piccolo manuale, che raccoglie le principali domande dei miei pazienti sulle BDZ  e su come interromperne l’uso, si propone di:

a) dare ai lettori le conoscenze di base sufficienti a capire il meccanismo d’azione, il rischio di dipendenza e la tossicità delle BDZ

b) prevenire l’abuso di BDZ evitando che adulti sani e, peggio ancora, adolescenti, caschino con leggerezza nella trappola di un farmaco ancora troppo facile da ottenere ed assumere. Va smantellata la convinzione che questi farmaci siano sostanze innocue, sicure e curative. Le BDZ possono essere estremamente utili se usate come sintomatici per poche settimane in chi ne ha realmente bisogno ma estremamente dannose se ne si abusa; e per abuso intendo:

– usarle senza averne bisogno

– usarle in dosi superiore a quelle prescritte

– usarle per un periodo di tempo superiore a quello terapeutico

Molta gente comincia a prenderle per lenire frustrazione, rabbia, ansia, solitudine, senso di noia o per riuscire a sopportare uno stile di vita sbagliato. Il momentaneo sollievo è quasi garantito e sembra più facile ingoiare una pillola che cambiare vita, ma il rischio è di cadere nell’assuefazione, nella tolleranza e nella dipendenza così poi, oltre ai problemi che già c’erano se ne aggiunge uno nuovo.

Altro mio intento è:

c) fornire alla persona comune che desidera liberarsi dalla schiavitù delle BDZ le conoscenze e gli strumenti per farlo da sola, senza ricorrere a metodi drastici e di incerto successo come ricoveri o terapie psicofarmacologiche sostitutive.

d) incoraggiare, supportare e dare fiducia a chi desidera smetterne l’uso: la dipendenza da BDZ non è una grave tossicodipendenza, ne si può uscire facilmente anche da soli e a testa alta: basta usare il metodo giusto.

In Inghilterra è stata fatta una efficace campagna pubblicitaria e di sensibilizzazione della popolazione generale e dei medici nei confronti di abuso e danni da BDZ tanto che il consumo in questi ultimi anni è crollato; la brutta sorpresa è che l’abuso si è solo spostato su psicofarmaci ancor più tossici come neurolettici e antidepressivi. Dall’esempio dell’Inghilterra dobbiamo imparare che il contrastare l’utilizzo di una droga ha senso solo se inserito nell’intelligente contrasto ideologico di tutte le dipendenze e, parallelamente, nell’istituzione e promozione a livello governativo di uno stile di vita più sano e naturale.

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                                                                           Indice

 

Quale è il metodo migliore per liberarsi dai tranquillanti?

Se voglio provare da solo come devo fare?

Qual’ è il ritmo giusto con cui diminuire?

Bdz e interazioni farmacologiche

Bdz e febbre

BDZ, sistema immunitario e allergie

Bdz, gravidanza e allattamento

Ma il sonno da bdz è normale?

Scalaggio e psicofarmaci sostitutivi

Scalaggio bdz e ricovero in clinica

Scalaggio e flumazenil

E’ vero che le bdz possono provocare la demenza?

Per quanto tempo si possono prendere?

Ho provato a smettere molte volte ma ho sempre ricominciato

Le bdz provocano danni permanenti al cervello?

Che differenza c’è tra le varie benzodiazepine? E’ vero che ognuna ha il suo effetto?

Si può guidare prendendo BDZ ?

BDZ e memoria 

BDZ e sesso

BDZ e depressione

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                                              TRANQUILLANTI

                                                          come liberarsene

                                                             domande e risposte

Cosa sono le benzodiazepine?

Le benzodiazepine sono psicofarmaci noti anche come tranquillanti o ansiolitici e commercializzati in tutto il mondo a partire dagli anni sessanta; hanno cinque funzioni: rilassano i muscoli, contrastano le crisi epilettiche, tolgono l’ansia, facilitano il sonno e, mentre si è sotto il loro effetto, riducono la capacità di memorizzare.

Le proprietà miorilassanti e antiepilettiche vengono sfruttate in ambito neurologico,

quella amnesica in chirurgia per evitare che il paziente abbia spiacevoli ricordi legati all’intervento, quella sedativo-ipnotica e ansiolitica vengono ampiamente utilizzate  sia in ambito psichiatrico che per lenire disagi comuni e diffusi come ansia e insonnia.

Le BDZ agiscono molto rapidamente dopo l’assunzione, sono molto efficaci, poco tossiche in acuto anche a dosaggi alti e si possono associare a quasi tutti i farmaci e malattie senza problemi.

Agiscono principalmente potenziando l’effetto naturale di un neurotrasmettitore presente nel cervello chiamato GABA, il quale svolge regolarmente le cinque funzioni inibitorie sopra elencate ma agiscono anche sul sistema endocrino le cui centraline (ipotalamo e ipofisi) sono inglobate nell’encefalo e con esso hanno frequenti scambi bidirezionali. Sono stati inoltre trovati recettori per le benzodiazepine nella corteccia surrenale, nei testicoli, nelle ovaie, nell’intestino, in alcune cellule del sangue, nell’ipofisi e nelle cellule gliali.

BDZ simili a quelle commercializzate sono normalmente presenti nel nostro organismo e in alcuni cibi che mangiamo.

Ma allora, se sono sostanze naturali, come possono fare male?

Le dosi presenti normalmente nel nostro organismo o introdotte col cibo sono enormemente più basse di quelle farmacologiche e svolgono probabilmente un utile compito mentre un loro aumento endogeno è associato soltanto a gravi malattie come la cirrosi epatica e lo stupor idiopatico ricorrente, patologie in cui provocano una sintomatologia tossica simile all’effetto delle bdz farmaceutiche.

Che differenza c’è tra le varie benzodiazepine? E’ vero che ognuna ha il suo effetto?

Tutte esercitano i cinque effetti sopra elencati (miorilassante, antiepilettico, ansiolitico, ipnotico, amnesico) ma, essendo le molecole leggermente diverse tra loro, alcune sono più sedative, altre più ansiolitiche, altre ancora più miorilassanti, ecc. ed è per questo che troviamo alcune bdz prevalentemente usate come sonniferi (triazolam, lormetazepam, flurazepam, flunitrazepam), altre come ansiolitici (bromazepam, lorazepam, alprazolam) altre ancora come miorilassanti e anticonvulsivi (diazepam, lorazepam) e infine, soprattutto una, come amnesico (midazolam).

Le benzodiazepine differiscono tra loro anche per la potenza:

0,1 mg di triazolam che è una delle più potenti, equivale ad 1 mg circa di bromazepam , a 10mg di oxazepam e clordiazepossido oppure a 15 di flurazepam.

Ancora, la durata d’azione di una BDZ varia molto da molecola a molecola e dipende principalmente dalla velocità con cui viene smaltita (la cosiddetta emivita: è  molto lunga per il diazepam e molto breve per il triazolam).

L’emivita (tempo di dimezzamento del farmaco nel sangue) è importante perché:

1) la lunga emivita di una BDZ è associata ad una lunga durata d’azione ma anche  ad un prolungato impegno epatico e ad un maggior accumulo di farmaco nell’organismo

2) le BDZ ad emivita breve, per contro, intossicano meno ma sono a maggior rischio d’abuso perché l’effetto dura poco e cessa bruscamente mettendo il soggetto di fronte a ripetuti episodi d’astinenza.

 Perché dovrei liberarmi dalle benzodiazepine?

Le benzodiazepine hanno un’efficacia straordinaria in chi le assume per la prima volta: gli effetti benefici superano di gran lunga quelli collaterali.

Tale “luna di miele” tuttavia non dura più di qualche settimana, poi gli effetti terapeutici scemano rapidamente (assuefazione) e, per ripristinarli, devi aumentare progressivamente la dose (tolleranza).

Se decidi di smettere (sempre gradualmente!) prima che il beneficio cominci a scemare,  non hai grosse difficoltà e, dopo qualche giorno di “scombussolamento” dovuto al riassestamento dell’organismo, ritorni come prima; se invece continui, vai incontro gradualmente, nei mesi e negli anni, ad una caratteristica “sindrome da uso cronico di BDZ” la cui gravità è proporzionale alle dosi assunte e alla durata di assunzione: l’ansia ritorna maggiorata per intensità e frequenza con tregue sempre più brevi, l’insonnia peggiora, l’umore si appiattisce, la memoria, l’iniziativa, la motivazione e gli interessi progressivamente si deteriorano ed il tuo comportamento diventa quello di un vecchietto ansioso, anche se hai vent’anni.

Quanto è diffuso l’uso di BDZ?

In Italia il 5% della popolazione generale, il 6% degli adulti e il 19% degli anziani (ultrasessantacinquenni) assume cronicamente BZD (per uso cronico si intende un uso quotidiano da almeno un anno) mentre il 10% le assume in modo più o meno continuativo.

Vi è inoltre in Europa una percentuale del 6% di adolescenti (10% in Italia) che ammette un uso ricreativo-voluttuario sporadico di psicofarmaci ansiolitici (prevalentemente BDZ): tale dato sui giovanissimi è emerso dal rapporto ESPAD 2016 che ha coinvolto 35 Paesi europei per un totale di 96.043 studenti tra i 15 e i 16 anni che nel 2015 hanno partecipato all’indagine rispondendo nelle proprie classi a un questionario anonimo.

Ancora, dai dati epidemiologici emerge che il consumo di BDZ aumenta con l’età, è più diffuso tra le donne e, in Italia, è massimo al Nord forse per mentalità, stile di vita, ambiente ed abitudini prescrittive dei medici.

La BDZ più utilizzata, sempre in Italia, è il lormetazepam, una molecola pericolosa per il rischio di abuso-dipendenza essendo rapida sia l’insorgenza che la fine del suo potente effetto ansiolitico-euforizzante; la formulazione in gocce, inoltre, dotata di buon sapore e di una non trascurabile percentuale alcolica, contribuisce ad irretire nella spirale dell’abuso.

Dopo il lormetazepam, le BDZ più vendute in Italia sono il lorazepam e l’alprazolam che staccano di molto tutte le altre.

Che caratteristiche ha l’assuntore cronico di BDZ?

Chi se ne intende si accorge di avere di fronte un assuntore cronico di benzodiazepine perché costui presenta un quadro caratteristico: dice spesso “non mi ricordo” riguardo ad avvenimenti recenti, ha sbalzi d’umore, irritabilità inspiegabile, disattenzione e vuoti di memoria che lo portano a comportamenti tipici e bizzarri: raccontare sempre le stesse cose credendo sia la prima volta, rifare o ridire una cosa dopo pochi istanti non ricordando di averla appena fatta o detta e/o, ancor peggio, fare o dire il  contrario per amnesia o cambio repentino d’idea.

E’ tipica anche la volubilità affettiva, nel senso che lo sfortunato si arrabbia con intensa partecipazione emotiva ma dopo pochi secondi, non avendo una “scia affettiva” dell’episodio, lo scorda e fischietta spensierato. Senza contare la lentezza nei calcoli e una generica poca vivacità cognitiva.

Altra caratteristica è la difficoltà di prendere decisioni pratiche e di formarsi opinioni personali stabili.

La mia impressione di fronte agli assuntori cronici di benzodiazepine è che abbiano, oltre al deficit mnesico e alla labilità emotiva, una lieve menomazione della rete prefrontale.

 Cos’è la rete prefrontale e a cosa serve?

La rete prefrontale è costituita dai circuiti neuronali di alcune regioni cerebrali come le cortecce prefrontali (avvolgono la parte anteriore dei lobi frontali), i nuclei della base e l’amigdala: tale rete è preposta alla regolazione delle funzioni mentali più elevate in cui le cortecce prefrontali svolgono un ruolo primario, da cui il nome.

Essa presiede a diverse funzioni:

– sintesi tra affettività e razionalità

– iniziativa, motivazione, capacità di scegliere, decidere, progettare, raggiungere un obiettivo mantenendo fermi nel tempo i propositi e la motivazione.

flessibilità e agilità mentali per capire ed adattarsi a situazioni nuove o eccezionali.

-capacità di sintesi e di attribuzione della priorità agli eventi senza perdersi nei dettagli

– capacità di prendere decisioni intuitive giuste nel dominio personale e sociale.

– capacità di interpretare correttamente gli atteggiamenti e i sentimenti propri e    altrui.

La rete prefrontale è paragonabile al timone di una barca, al motore di ricerca in internet o al direttore di un’orchestra: svolge la funzione di dirigere, trovare e coordinare tra loro le funzioni cognitive più elevate come attenzione, memoria,  concentrazione, affettività.

La rete prefrontale è sommamente sviluppata negli esseri umani ed è un’acquisizione filogenetica recente spesso imperfetta e fragile: autismo, schizofrenia, disturbi ossessivi, disturbi da deficit dell’attenzione, immoralità costituzionale sono eclatanti manifestazioni patologiche di deficit mentre la sua fragilità si manifesta nella vulnerabilità ai traumi cranici, alle sostanze tossiche ( tra cui BDZ, l’alcol e droghe) o, temporaneamente, alla semplice stanchezza. La rete prefrontale è collegata al resto dell’encefalo in modo talmente fitto che un insulto chimico o fisico in qualsiasi punto del tessuto cerebrale, anche ad essa distante, ne perturba la funzione.

Ma le BDZ hanno effetti collaterali solo per un’assunzione cronica?

No. Anche durante l’assunzione breve ci sono sonnolenza, sbalzi d’umore, vuoti di memoria, rallentamento psicofisico, rischio di cadute negli anziani, di incidenti stradali o sul lavoro, ed una generica perdita di vivacità, di vitalità, di grinta, di sana aggressività, di determinazione e di motivazione; però, per brevi periodi, il beneficio dell’effetto terapeutico ancora presente può dare ugualmente un senso all’assunzione.

Ma allora quando sono utili le benzodiazepine?

Le benzodiazepine sono utili solo nel breve periodo perché il loro effetto dura poche settimane soltanto. Ad esempio:

-interruzione di uno stato di “male epilettico” (crisi epilettiche che si ripetono una dietro l’altra) oppure in altri disturbi neurologici acuti del movimento o del tono muscolare.

– trattamento di breve durata dello stato d’ansia acuto o dell’agitazione psicomotoria

– ricovero ospedaliero breve in cui si manifesti una marcata sofferenza emotiva.

– superamento del periodo di latenza degli antidepressivi

– in ambito anestesiologico

– nella terapia antalgica

– come sedativo-miorilassanti per piccoli interventi chirurgici o manovre strumentali invasive (colonscopia, gastroscopia, ecc.)

Il linea generale: le benzodiazepine perdono la loro efficacia dopo poche settimane di uso continuativo.

Nell’ambito dei problemi emotivi della persona comune cioè non affetta da specifiche malattie psichiche o neurologiche sarebbe meglio evitare le BDZ perché l’ansia è un campanello d’allarme importante che segnala la presenza di un pericolo imminente non ben definito; fa stare male, di un malessere vago che ci spinge ad identificarne la fonte, a rintracciare il pericolo dicendoci: “Senti che stai male? Devi fare qualcosa a breve reclutando tutte le energie”. Tale pericolo vago e imminente può essere un figlio che da segnali di disagio, il rischio di perdere il lavoro, la prospettiva di avere l’indomani una giornata noiosa e pesante oppure uno stile di vita sbagliato con troppo stress, poco sonno, troppo caffè, ecc. ; qualcosa insomma che minacci l’incolumità fisica o psichica nostra o dei nostri cari.

In tale contesto si capisce che spegnere chimicamente l’ansia sia come mettere a tacere un allarme antincendio senza cercare i motivi per cui è scattato.

Anche nell’ambito d’una sofferenza acuta come un lutto ove è d’abitudine assumere benzodiazepine per lenirlo è da tener presente che, superata la fase acuta, vivere il proprio dolore in modo cosciente e consapevole favorisce la sua elaborazione, a difesa dell’equilibrio emotivo futuro, cosa che non avviene se tale processo è ostacolato dalle BDZ.

Quindi, in linea di principio, la persona comune che non abbia patologie psichiatriche gravi dovrebbe stare lontana dalle benzodiazepine (e, piu in generale, da tutti gli psicofarmaci).

Tuttavia, siccome a questo mondo il mai è da bandire, ci sono alcuni casi in cui sono concesse e forse possono essere di giovamento:

stemperare uno stato d’ansia paralizzante prima o durante un esame.

interrompere un’insonnia ostinata con una notte di sonno riposante

lenire la sofferenza emotiva quando non si è nelle condizioni di reagire (come durante un breve ricovero ospedaliero).

Per quanto riguarda un uso più prolungato (ma sempre nell’ambito di poche settimane) il senso dell’assunzione per la persona sana di mente può essere quello di lenire un periodo di ansia tanto acuta da essere di ostacolo alla soluzione del problema che la causa.

Nel frattempo però, devi darti da fare per risolvere il problema, per uscire dalla condizione ansiogena.

Le benzodiazepine non sono curative, mettono soltanto la sordina alla sofferenza psichica che si chiama ansia, sono come la tachipirina per la febbre.

E’ vero che le BDZ provocano la demenza?

Ci sono forti sospetti che sia così per un uso cronico negli anziani ma la certezza non c’è ancora. Dal dato statistico alla dimostrazione il passo può essere lungo come lo è stato per la relazione tra benzopirene delle sigarette e cancro del polmone. Personalmente penso che il buon senso, per il momento, debba guidarci considerando che:

– anche se il danno non è irreversibile, le bdz comunque provocano, in proporzione alla dose e alla durata di assunzione, un progressivo decadimento cognitivo sia nel giovane che, più marcato, nell’anziano.

-E’ dimostrato che dopo prolungata assunzione (anni), alla sospensione anche totale, tale danno regredisce assai lentamente e forse non completamente.

– è statisticamente dimostrato che la demenza colpisce dippiù le persone con pochi stimoli cognitivi: le bdz mettono a riposo la cognitività quindi è intuitivo pensare che favoriscano la demenza.

Le BDZ provocano danni permanenti al sistema nervoso?

Danni grossolani sembra di no. Tuttavia, …………………

 

Clomipramina (Anafranil)

Aggiornamento del 5 gennaio 2023

Anafranil, il cui principio attivo è la clomipramina, è un vecchio antidepressivo appartenente alla categoria dagli antidepressivi triciclici (insieme a Laroxyl, Surmontil, Noritren, Protiaden). E’ stato creato in laboratorio negli anni sessanta del ‘900 dalla società Geigy di Basilea e le sue positive proprietà antidepressiva, antiossessiva, ansiolitica,  ipnotica, sono dovute prevalentemente al blocco della ricaptazione (re-uptake) neuronale della serotonina (5-HT) e della noradrenalina rilasciate nello spazio sinaptico, ma non solo: alla sua provata e nota efficacia, contribuiscono anche l’effetto antistaminico, anticolinergico, antiadrenergico alfa e l’azione di blocco del recettore A2 della serotonina. È uno dei primi antidepressivi sintetizzati ma è rimasto probabilmente il migliore, il più efficace (vedi il mio articolo: “Anafranil: il migliore antidepressivo”.
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Mirtazapina

La mirtazapina (Remeron*) è un farmaco antidepressivo utilizzato nel trattamento della depressione maggiore, dei disturbi d’ansia specie se misti ad insonnia (per via delle sue proprietà sedative) e nei disturbi alimentari come l’anoressia per le sue proprietà antiemetiche e appetito stimolanti. Continua a leggere

Trittico (trazodone)

E’ un vecchio farmaco sul mercato da quasi 50 anni ma sempre attuale per la sua efficacia e tollerabilità. L’unico nome commerciale è Trittico, non ha equivalenti, lo trovate in compresse a vari dosaggi, gocce e fiale. Ha un effetto antidepressivo, ansiolitico e ipnoinducente. Continua a leggere

Per dormire: Benzodiazepine o Trittico?

I farmaci comunemente usati per dormire appartengono alla categoria delle benzodiazepine e sono: Tavor, Valium, EN, Lexotan, Minias, ecc.

Sono molto efficaci soprattutto se assunti saltuariamente  oppure continuativamente ma per brevi periodi; il problema è che quando si comincia ad assumerli si rischia di diventarne dipendenti: perché l’effetto è piacevole, rilassano, danno benessere e fanno dormire subito, ci si addormenta serenamente. Però hanno effetti collaterali, come tutte le droghe. In particolare, le benzodiazepine  appannano la memoria e alla lunga danno ansia, depressione e aggravano l’insonnia: insomma si rischia di diventarne dipendenti cioè di assumerle regolarmente ogni giorno e con la continuità danno effetti contrari a quelli benefici iniziali. Se però cerchi di interromperne l’uso, ti accorgi che stai male: quindi sei in trappola.

Prenderle in modo saltuario è difficile perché, come tutte le droghe, danno un piacevole effetto che si tende a voler provare sempre più spesso.

Se avete problemi di insonnia cercatene le cause piuttosto che metterci il silenziatore  prendendo una droga. Ma se proprio dovete prendere qualcosa evitate le benzodiazepine. Io, soprattutto ultimamente, consiglio per l’insonnia un farmaco alternativo che si chiama trazodone, non ha equivalenti e il suo nome commerciale è Trittico. Si chiama Trittico proprio perché ha tre effetti contemporanei: fa dormire, è ansiolitico e migliora l’umore. Il trittico non da dipendenza, non rovina la memoria e non perde la sua efficacia col tempo. Come effetti collaterali davvero non ne ha molti, anzi. Però, deve pur sempre essere un medico a prescrivervelo. E’ davvero un’ottima alternativa alle benzodiazepine ma dovete eventualmente parlarne al vostro medico curante, solo lui, conoscendovi, potrà stabilire se è adatto a voi.

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A. Mercuri

Amore per il proprio Paese: Russia

Mi ricollego all’articolo precedente  INDIVIDUALISMO & EGOISMO in cui biasimavo la mancanza di valori nazionalistici e patriottici in Italia e, in generale, di ideali comuni che facciano da collante per la popolazione. L’Italia sembra un mosaico di minoranze, ognuna delle quali reclama i propri diritti senza alcun interesse per un “Bene Comune” cioè un bene, un valore, che unifichi la società intera e dia vita e forza ad una Nazione-Famiglia, una Patria alla quale dedicarsi con amore e per amore, come si fa, appunto, in famiglia. La forza di una nazione non si misura dalla potenza del proprio esercito ma dalla forza di coesione dei propri cittadini.

L’amore e la nostalgia per la Patria sono invece sentimenti profondamente radicati nell’animo dei russi. In questi giorni sto leggendo “Le anime morte” (1836-1842) di Nikolaj Gogol’ e mi è capitato di trovare il seguente passaggio, scritto dall’Autore mentre si trovava in Italia, Paese che lo avvinse per la bellezza artistica, storica e naturale ma che non potè impedirgli di provare una malinconica nostalgia per la sua Patria, la grande Russia:

“Russia! Russia! Ti vedo da questa mia stupenda, meravigliosa lontananza, io ti vedo: sei povera, sterminata, inospite; tu non rallegri lo sguardo né incuti rispetto con le ardite meraviglie dell’arte: tu non hai città fatte di alti palazzi, ricchi di finestre, piantati nella roccia, non hai alberi e tralci d’edera  pittoreschi, radicati nelle case, fra lo scroscio e l’eterno pulviscolo delle cascate: il capo non si volge indietro a guardare i massi di pietra accumulati senza fine ad altezze vertiginose sopra di noi; non brillano attraverso le file scure degli archi sovrapposti, coperti di vite, d’edera e d’innumerevoli rose selvatiche, non brillano in lontananza gli immutabili profili dei monti che si levano scintillanti nel limpido cielo d’argento. Tu, mia Russia, sei tutta aperta, desolata, uniforme pianura. Come grumi di punti scuri, come impercettibili segni, stanno, fra le pianure, le tue basse città: nulla che seduca, che incanti lo sguardo. Ma quale misteriosa, incomprensibile forza attrae l’animo a te? Perchè sento senza tregua risuonare negli orecchi la tua malinconica canzone che echeggia, da un mare all’altro, attraverso la tua immensità? Cosa dice la tua canzone? Che cosa nella sua voce, chiama, singhiozza e stringe il cuore? Quali suoni mi baciano l’anima e vi penetrano dolorosamente, volgendosi attorno al mio cuore? Russia, cosa mi chiedi? Qual’è il segreto inafferrabile vincolo che ci lega?Perchè mi guardi così e perchè tutto in te mi rivolge occhi colmi d’attesa?… Ancora pieno di stupore, resto immobile, ma già sopra il mio capo pende una nube minacciosa, gravida di future tempeste, e il pensiero tace dinanzi alla tua immensità. Cosa mai va profetizzando questa tua distesa sconfinata? Forte qui, in te, nasceranno pensieri infiniti, perchè in te troveranno spazio per muoversi ed agire… Minacciosa, la tua possente vastità mi conquista, si ripercuote nel più profondo del mio cuore con una forza terribile; di un potere sovrannaturale sono stati illuminati i miei occhi… Oh, quale splendente, meravigliosa distesa ignota al mondo sei tu, mia Russia!” (Pgg. 292-3  Ed. BUR 1988 traduzione di Laura Simoni Malavasi)

Родина in russo vuol dire Patria: è molto significativo che ancor oggi, canti questi valori in Russia una giovane cantante di musica leggera:

Ancora, nel filmato sottostante si nota come l’amore per la Russia e l’orgoglio di essere russi siano valori e ideali insegnati ai bambini russi fin dalla tenera età; il video fa certamente sorridere ma è molto esplicativo riguardo a quanto ho scritto sopra.

Angelo Mercuri

Individualismo & Egoismo

Leggendo gli episodi di cronaca avvenuti a Torino e a Gabicce dove poveri bambini innocenti sono creati e usati per soddisfare i “diritti” di coppie omosessuali, ho capito che il male principale dell’Italia (e delle democrazie occidentali in genere) è l’eccesso di diritti individuali che ha frammentato la popolazione ed estinto i sani ideali nazionali comuni.

L’Italia non si dissolve solo perché le Istituzioni sono tutto sommato solide ma è un Paese senz’anima, arcipelago di fazioni che reclamano diritti, è solo un contenitore di persone senza interessi in comune.

La forza di una Nazione è proporzionale all’orgoglio nazionalista e allo spirito patriottico della sua popolazione la quale sacrifica volentieri alcuni meschini diritti individuali a vantaggio di un bene comune; ma i nostri governanti non sono in grado di formare, alimentare e salvaguardare un patrimonio nazionale di ideali e così, nel disordine di una democrazia estremizzata e al crepuscolo, si rischia che la popolazione, come già è successo, sogni un dittatore.

A. Mercuri