Venlafaxina: funziona, ma forse c’è di meglio

Venlafaxina è una molecola antidepressiva pubblicizzata come SNRI cioè con doppia azione sia serotoninergica che noradrenergica ma in realtà la sua potenza come noradrenergico è tanto bassa da essere apprezzabile solo al dosaggio di 225 mg/die. In realtà anche come serotoninergico venlafaxina ha un’azione debole, debolissima se confrontata con i potenti clomipramina (Anafranil), paroxetina o sertralina. Si possono escludere altre azioni di rilievo come quella anticolinergica, antiadrenergica e antistaminica e questo se da un lato può essere un vantaggio per i minori effetti collaterali dall’altro rende la molecola meno potente (l’effetto anticolinergico centrale rinforza l’effetto antidepressivo delle molecole, vedi Anafranil) e meno versatile perché non dotata di effetti ansiolitico e ipnotico-sedativo. Inoltre l’effetto serotoninergico puro di venlafaxina potrebbe spiegare la sua, almeno iniziale, azione irritante sull’apparato digerente (soprattutto nausea) dove la serotonina gioca un ruolo eccitatorio.

Dobbiamo ricordare il 75% circa di venlafaxina viene metabolizzata dal fegato a desvenlafaxina (di cui ora si è fatto un farmaco, il Faxilex) che ha un’azione antidepressiva teorica più marcata della molecola madre essendo 2 volte circa più potente  come serotoninergico e 4 volte più potente come noradrenergico ma tuttavia restando un antidepressivo debole confrontato con altre molecole note (paroxetina, duloxetina, clomipramina, sertralina).

Ancora, un aspetto negativo di venlafaxina è la sua brevissima emivita; questo problema è stato ovviato tempo fa creandone la formulazione a rilascio prolungato da 37,5 o da 75 mg. Tali capsule o compresse però hanno lo svantaggio di non poter essere divise (pena la perdita dell’effetto a lento rilascio) il che rende difficoltoso sia l’inizio che la fine graduale della terapia. Esiste comunque una formulazione liquida di venlafaxina denominata Zaredrop con la quale si può iniziare e terminare la terapia con gradualità ma il problema è che non essendo a rilascio prolungato, va assunta almeno in 2 volte al giorno e comunque tra una dose e l’altra possono comparire sintomi di astinenza.

A. Mercuri

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