Depressione da antidepressivi: disforia tardiva

La Disforia tardiva è una patologia iatrogena caratterizzata da stati di depressione ed ansia che emergono a seguito di un trattamento prolungato con farmaci antidepressivi selettivamente serotoninergici (SSRI) (1).
Il termine è stato introdotto nel 1994, sette anni dopo l’immissione in commercio del primo SSRI, il Prozac (Fluoxetina), salutata al suo arrivo come la “Pillola della Felicità” ma poi rivelatasi per molti, la “pillola della disperazione”; prima dell’immissione in commercio degli SSRI, quando gli antidepressivi in uso erano i non selettivi I-MAO e Triciclici, non era nota una simile condizione clinica, probabilmente perchè non esisteva.

Ma cos’è la disforia tardiva? E’ una condizione che, in alcuni soggetti, si sviluppa in seguito ad un trattamento prolungato con antidepressivi SSRI e comporta non solo il ritorno della depressione (nonostante il trattamento continui), ma comporta il ritorno di una depressione resistente al trattamento farmacologico. Sorprendentemente, un aumento di dosaggio o l’associazione di più antidepressivi, non risulta per nulla utile ma anzi, peggiora il quadro. L’unica terapia della disforia tardiva è la sospensione graduale dell’antidepressivo. Le cause precise di tale condizione e i motivi per cui alcune persone vi incorrono e altre no, non sono ancora chiare ma sembra che siano il risultato di meccanismi compensatori che il cervello mette in atto per contrastare ed annullare l’aumento artificiale di serotonina; tali meccanismi compensatori, in alcuni soggetti, sarebbero probabilmente tanto efficaci da annullare totalmente e anzi, superare gli effetti del farmaco. Ad esempio:

  • il farmaco si lega ai trasportatori della serotonina tentando di bloccarli? E questi aumentano di numero o trovano in modo di cambiare forma per ingannare l’antidepressivo;
  • il farmaco fa aumentare il livello di serotonina nel cervello cosicchè questa stimola dippiù i propri recettori? E il cervello compensa diminuendo il numero di recettori per la serotonina sui propri neuroni; e così via (2).

Un certo grado di tolleranza, di assuefazione, di abitudine, cose che portano ad una diminuzione di efficacia del trattamento [tale condizione è in gergo chiamata tachifilassi (3)] , c’è in tutti gli assuntori cronici di antidepressivi ma di solito è sufficiente aumentare il dosaggio del farmaco, cambiare molecola oppure affiancarne un’altra per ripristinare l’effetto benefico; se a tali soggetti che si giovano dell’aumento di dosaggio provi a sospendere il trattamento, essi peggiorano drammaticamente.

Nel caso della disforia tardiva invece, la sospensione graduale del trattamento fa stare meglio i pazienti ed è l’unica via da seguire. Alcune ricerche condotte in modo rigoroso, hanno dimostrato che nel caso della disforia tardiva, è proprio l’antidepressivo, quando utilizzato per anni, a provocare un peggioramento dell’umore e dell’ansia, quindi non si tratta di un aggravamento naturale della malattia o dovuto all’affievolirsi dell’effetto farmacologico della molecola (come nel caso della tachifilassi).

Come si sa, gli antidepressivi SSRI vengono prescritti non solo per la depressione ma anche per varie forme d’ansia, per gli attacchi di panico e per le forme ossessive: a dimostrazione del loro effetto pro-depressivo in alcune persone e se usati a lungo, sta la constatazione che alcuni pazienti inizialmente trattati con l’SSRI per le suddette patologie non depressive, alla lunga sviluppano una depressione resistente al trattamento cioè appunto la cosiddetta “disforia tardiva”.

La terapia migliore contro le continue ricadute nella depressione dovute alla tachifilassi oppure, peggio, alla disforia tardiva, è la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale (vedi mio articolo precedente: “Psicoterapia cognitivo-comportamentale della depressione”)  che sembra fornire un concreto aiuto e potrebbe, se ben condotta, sostituirsi alla farmacoterapia (4).

BIBLIOGRAFIA

(1) Sull’uso responsabile degli antidepressivi: https://www.karger.com/Article/Pdf/362803

(2) Molto bello, spiega nello specifico i meccanismi ipotizzati per la disforia tardiva:  http://static1.1.sqspcdn.com/static/f/1072889/14891065/1320009670867/antidep+El-Mallakh-tardivedysphoriadarticle1.pdf?token=XYlrSH37mPv6rIjFu%2B72pHnoBII%3D

(3) Bello e semplice, per capire cos’è la tachifilassi da antidepressivi: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4008298/pdf/icns_11_3_24.pdf

(4) Sulla psicoterapia cognitivo-comportamentale della depressione:                      https://ajp.psychiatryonline.org/doi/pdf/10.1176/appi.ajp.159.12.2094

 

 A. Mercuri

 

 

2 commenti

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  1. Mario
    Mario dice:

    Buongiorno dottore,
    ho letto con interesse questo articolo riguardante un aspetto molto interessante (e preoccupante) legato agli Ssri.
    La domanda a questo punto è: come curare la depressione? Quali sono i farmaci migliori? Quali le modalità di trattamento?
    La ringrazio anticipatamente per la risposta.

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