Fobie
Col termine fobia si intende una paura irrazionale, sproporzionata rispetto allo stimolo, evocata dall’esposizione reale, ma talora anche solo immaginativa, a oggetti, situazioni o animali.
Le fobie sono caratterizzate dalla tendenza del soggetto ad evitare lo stimolo ansiogeno anche a costo di limitare la propria vita in modo considerevole. Un mio paziente, ad esempio, temeva a tal punto di essere punto da vespe, api e affini, che si rovinava qualsiasi soggiorno all’aria aperta in estate se solo vedeva volargli vicino uno dei suddetti insetti. Da notare che non era un soggetto a rischio di reazioni allergiche gravi. Soffriva di questo disturbo fin dall’infanzia, e non aveva mai affrontato seriamente il problema. La terapia più rapida delle fobie è di tipo cognitivo comportamentale: in parole povere l’unica cosa da fare è convincere il soggetto che l’unico modo per liberarsi dalla fobia è resistere alla paura esponendosi in modo graduale alla situazione temuta; questo sortisce due effetti: 1) il soggetto si abitua alla situazione 2) egli contata che non avviene nulla di drammatico.
Non c’è possibilità di tranquillizzare il soggetto affetto da fobia con parole di buon senso comune perchè egli sa già bene che la propria paura è irrazionale: si tranquillizzerà solo quando constaterà personalmente che l’avverarsi della situazione temuta non comporta nulla di catastrofico. E’ chiaro che per affrontare e risolvere una fobia bisogna esserne sufficientemente motivati e convinti di volerlo fare perchè resistere al disagio iniziale dell’esposizione alla situazione temuta è sicuramente una condizione “scomoda”.
Per onestà intellettuale, nonostante io sia uno psicoterapeuta di formazione cognitivo-comportamentale, devo dire che a mio parere, il più delle volte, non è sufficiente togliere la fobia ad un paziente come si fa col bisturi per una verruca: spesso infatti le fobie vengono involontariamente create e mantenute dal soggetto perchè gli offrono una qualche forma di riparo, di protezione. In tal caso mi piace denominarle “fobie paravento”.
In altri casi, servono per scaricare su di esse un’ansia assai gravosa da sopportare ma proveniente da altri problemi più o meno definiti che per il paziente sono assai più gravosi da affrontare e quindi preferisce ingannarsi e ingannare attribuendo ad una meschina fobia la colpa del proprio malessere il quale ha invece radici assai più profonde che affondano in altro terreno: in tal caso mi piace parlare di “fobie parafulmine”.
Esiste poi un terzo tipo di fobia, quella del sabotatore di se stesso, soggetto che ha una condotta di vita autoinvalidante. In questo caso mi piace parlare di “fobia autopunitiva”.
Come potete intuire, i tre tipi di fobia su menzionati necessitano di tre approcci terapeutici completamente diversi l’uno dall’altro!!!
A presto,
A. Mercuri