Gli antidepressivi danno dipendenza?

Gli antidepressivi possono dare una dipendenza meno evidente ma più tenace e profonda delle comuni droghe. 

I farmaci antidepressivi oggi più comunemente usati, si dividono in due categorie: di vecchia generazione, sintetizzati intorno agli anni ‘60 del secolo scorso, detti comunemente “triciclici” (amitriptilina, nortriptilina, clomipramina, ecc.) e antidepressivi di nuova generazione (sertralina, citalopram, escitalopram, paroxetina, venlafaxina, ecc.) sintetizzati successivamente e oggi molto più usati dei primi perché dotati di buona efficacia ma con meno effetti collaterali.

Generalmente si dice che gli antidepressivi non diano dipendenza ma questo è vero solo in parte: danno infatti una dipendenza diversa dagli ansiolitici e da altre comuni droghe ma forse più subdola e profonda. In che senso?

Le comuni droghe, oppure, tra gli psicofarmaci, gli ansiolitici benzodiazepinici (Valium, Tavor, En, Minias, Lexotan) hanno tutte in comune una caratteristica: come li assumi, già dopo pochi minuti, inizia l’effetto. Ed è proprio l’immediatezza d’azione che li rende droghe ed il comportamento tossicomanico tipico si innesca solo in questo caso.

Gli antidepressivi invece, hanno una lunga latenza d’azione, cioè tra il momento in cui li assumi e la comparsa del piacevole effetto euforizzante, trascorrono alcune settimane; questo fa si che non si inneschi il classico comportamento tossicomanico di desiderio e ricerca compulsiva della sostanza, in quanto essi vengono frustrati dalla lunga attesa necessaria alla comparsa dell’effetto piacevole.

Perché allora dico che gli antidepressivi danno ugualmente dipendenza?

Perchè la letteratura scientifica onesta e la mia personale esperienza di medico psicoterapeuta dimostrano che chi comincia ad assumerli con beneficio, difficilmente ne potrà fare a meno negli anni avvenire: egli metterà volentieri in programma la sospensione, comincerà la graduale diminuzione di dosaggio fino a raggiungere lentamente la completa sospensione ma, purtroppo, dopo qualche settimana di esultanza per essersene liberato, generalmente sarà nuovamente vittima della sintomatologia depressiva, tornata con rinnovato vigore. Così, il medico è costretto a prescriverglieli nuovamente: il paziente, accasciato, li riassumerà e di lì ad un paio di settimane sarà di nuovo in forma.

Perché capita tutto questo?

Perché gli antidepressivi, come tutti gli psicofarmaci, leniscono solo i sintomi della depressione ma non la curano e tanto meno la guariscono; per intenderci, sono come la tachipirina per la febbre: toglie la febbre ma non risana l’infezione che la provoca. Anzi: se elimini il sintomo ‘febbre’ puoi non accorgerti della gravità dell’infezione sottostante.

Ci sono casi in cui gli antidepressivi sono indispensabili, io stesso li prescrivo qualche volta, ma ciò che conta è questo: non credete a ciò che scrive chi li produce riguardo al rischio di dipendenza: è una dipendenza a scoppio ritardato ma è forte e la pratica clinica lo dimostra; non funziona così: “ mi sento giù perché ho troppi problemi, prendo un antidepressivo per sostenere il mio umore fino alla soluzione di un po’ di guai, poi appena le cose si sistemano il mio umore salirà da solo e potrò smettere di assumere il farmaco”. Non funziona così.  Un discorso simile è valido solo in teoria perchè la realtà lo smentisce.

A. Mercuri