La fobia sociale non è una malattia!

La fobia o ansia sociale, ben conosciuta da tutti come timidezza patologica, è una condizione di estremo disagio di fronte a situazioni comuni che prevedono l’osservazione e il giudizio da parte di estranei; tutti siamo più o meno timidi, ma si parla di patologia se tale timidezza ci condiziona pesantemente la vita, in ambito sociale, lavorativo, sentimentale: tutti gli studenti, ad esempio, hanno paura di affrontare gli esami, ma solo pochi continuano a rimandarli per tal motivo.
Caratteristiche della fobia sociale sono:

  • la consapevolezza di avere tale problema e la sofferenza legata al disturbo; alcuni rari individui (di solito schizoidi anaffettivi) sono a disagio nelle relazioni sociali e le evitano ma non ne soffrono perché stanno meglio da soli. Per questi quindi, non si parla di fobia sociale;
  • l’ansia anticipatoria, ancor più debilitante del disturbo: la prospettiva di dover affrontare una futura situazione sociale temuta, rovina le giornate di molti fobici sociali;
  • l’evitamento: la sofferenza legata all’esposizione sociale temuta fa si che il soggetto eviti, con gran sofferenza, occasioni sociali gradite e utili. Tale evitamento tende a cronicizzare il disturbo riducendo l’autostima e alimentando sentimenti di inferiorità e inadeguatezza;
  • l’ardente desiderio di liberarsi dal disturbo con un vissuto di infiniti tentativi falliti.

Questo disturbo insorge solitamente nell’infanzia o nell’adolescenza, raramente dopo i 30 anni e si accompagna ad un senso di vergogna, di imbarazzo, di impaccio in alcune o in tutte le circostanze sociali; tali timori, spingono il fobico ad un serrato autocontrollo che comporta un’impennata della tensione nervosa innescando un circolo vizioso: la persona timida, solitamente, ha caratteristiche di comportamento tipiche e ben riconoscibili come lo sguardo sfuggente, la goffaggine, l’incoordinazione e l’afinalisticità dei movimenti, l’atteggiamento distratto (l’attenzione è tutta rivolta su se stesso) la povertà e la banalità nel linguaggio o l’incertezza dell’eloquio fino al balbettio; ancora, il tremore oppure il rossore del volto.

Tipiche caratteristiche del socio-fobico sono un senso generico di inferiorità e la scarsa fiducia e stima di se stesso e delle proprie capacità, la sensazione di essere continuamente sotto osservazione e giudizio, l’assenza di competitività. Proprio queste caratteristiche fanno sì che spesso il timido provi forte disagio neirapporti coi coetanei.
Per la guarigione da tale condizione è fondamentale acquisire un valore personale che cancelli il perenne senso di inferiorità e di indegnità nei confronti degli altri. A seconda della propria indole, delle proprie capacità e inclinazioni, dei propri interessi, è fondamentale eccellere in qualcosa: c’è chi guarisce diventando campione nello sport, chi nello studio, chi nell’arte o nella musica.
Tenete sempre presente che nel mondo d’oggi, per interesse economico, si tenta di far passare per malattie tutte le caratteristiche umane un po’ insolite o che procurano una certa sofferenza; i clinici inventano un nome e confezionano la patologia mentre le case farmaceutiche hanno già stranamente pronto il rimedio. E cosi, in questo “gioco delle tre scatolette” ai danni di chi si fida troppo delle Istituzioni, la timidezza è diventata fobia sociale e sui bugiardini delle benzodiazepine e degli antidepressivi serotoninergici è comparsa, tra le indicazione, la terribile “fobia sociale”, un cancro che ingoia la vita di chi ne è affetto. Il risultato è stato che molti poveri timidi hanno cominciato a curare il loro morbo con benzodiazepine e antidepressivi finendo per trasformarsi da timidi a timidi dipendenti da psicofarmaci, con tutte le conseguenze del caso.
Un consiglio: per quanto sia grave la vostra timidezza, non pensiate mai di “curarla” con psicofarmaci. Lasciate perciò stare le cure continuative con antidepressivi e benzodiazepine (probabilmente tali farmaci vi procurerebbero un sollievo immediato ma di breve durata: poi cominciano i problemi); assumete, casomai, una benzodiazepina a basso dosaggio e solo in selezionate circostanze [il clonazepam(Rivotril) è ad esempio, molto usato). Un eventuale bicchiere di vino comunque (basta che sia uno!) è però, a mio parere, molto più sano, tradizionale e utile di un benzodiazepina.
Uno psicoterapeuta intelligente invece, piuttosto che i farmaci, potrebbe aiutarvi davvero dando continuità, valore e coerenza ai piccoli sforzi quotidiani che fate per liberarvi dalla timidezza. Potrebbe non avere idee migliori delle vostre ma la lucidità necessaria sì, perché non coinvolto emotivamente in prima persona come invece lo siete voi. E poi, il suo compito è di farvi crescere l’autostima lentamente, per piccoli passi ma in modo duraturo, evitandovi di cadere nell’odio contro se stessi che caratterizza e rende invalidanti le nevrosi. Dietro uno sportivo che supera un record, c’è sempre un allenatore, il cui compito è spesso, soltanto quello di organizzare e incoraggiare l’atleta.

A. Mercuri

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